Vaccinarsi contro l’antisemitismo
Nel contrasto all’antisemitismo devono essere coinvolti tutti i settori della società, dall’istituzioni civili a quelle religiose, dalla scuola al mondo della cultura. Contro il veleno antisemita non è possibile muoversi su un piano solo. Lo hanno ricordato nei propri interventi i relatori dell’incontro organizzato dall’Associazione Italia-Israele di Milano intitolato “Cultura ed educazione; antidoto all’antisemitismo”. Dopo i saluti istituzionali dell’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno, sono intervenuti il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara, il coordinatore della Commissione educazione e giovani UCEI Saul Meghnagi, il presidente del Coreis e imam Yahia Pallavicini, mentre le conclusioni sono state affidate a David Meghnagi, Consigliere UCEI e presidente del Comitato accademico europeo contro l’antisemitismo. A introdurre e moderare il confronto, il presidente dell’Associazione Italia-Israele di Milano Pier Francesco Fumagalli.
“Gli antidoti alla circolazione dell’antisemitismo possono senz’altro essere cultura ed educazione. – ha sottolineato in apertura l’assessore Del Corno – Soprattutto nel momento in cui diventano strumenti di acquisizione di conoscenza che ci permettono di discernere ciò che è vero da ciò che è falso; riuscire a incontrare la materiale concretezza della verità storica e ricondurre alla falsità molte di quelle narrazioni che vengono diffuse per veicolare e introdurre il veleno dell’antisemitismo nella società”. Un veleno che trova molto spazio sui social network e che ha diverse forme, tra cui l’odio nei confronti di Israele. Un tema, quest’ultimo, su cui si è soffermato l’imam Pallavicini guardando all’interno della comunità islamica. In particolare facendo riferimento a uno degli episodi di antisemitismo che ha fatto da sfondo all’incontro: quello legato a un influencer che ha disegnato la bandiera d’Israele sulla propria scarpa per calpestarla. “Quando si prende a pretesto il simbolo della stella di Davide per calpestare l’identità di un popolo, il simbolo di una bandiera, di una giurisdizione nazionale come lo Stato di israele, – le parole dell’imam – allora stiamo in qualche modo veicolando delle premesse anticulturali per creare una campagna di discriminazione e di odio, dove si confondano ad arte simboli narrativi e pretese di delegittimazione”.
Guardando all’Italia, il vicepresidente UCEI Mortara ha parlato di una profonda preoccupazione “per le nuove forme di antisemitismo, radicate in secoli di pregiudizi e intolleranze. L’Italia non ha elaborato a fondo quello che è successo durante il Novecento e serve oggi una riflessione più ampia”. Una riflessione che educhi in particolare i giovani a non cadere nella rete dell’hate speech. E su questo fronte, l’analisi di Mortara, entra in gioco “il prezioso ruolo della scuola e dell’università e degli enti che si occupano di educazione e cultura sotto diversi punti di vista. Il loro compito dovrebbe essere quello di diffondere una consapevolezza in materia di diritti umani e una metodologia d’indagine delle fonti che possano fungere da antidoto al ‘lato oscuro’ dei social, fatto di odio, discriminazione, aggressività, razzismo”.
Proprio in materia di educazione, Saul Meghnagi ha richiamato un elemento concreto: la firma, lo scorso gennaio, di un protocollo d’intesa tra l’UCEI, la Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Milena Santerini e il ministero dell’Istruzione “sul tema della condivisione e definizione di iniziative, azioni, modelli e strumenti volte contrastare l’antisemitismo in tutte le sue forme. Questo accordo – ha spiegato Meghnagi – prevede di promuovere un piano di attività comuni, soprattutto la stesura di linee guide per il contrasto dell’antisemitismo e sarà poi sottoposto al ministero stesso. Per poi essere oggetto di una circolare in tutte le scuole”. Per il coordinatore della Commissione Educazione UCEI questo protocollo “sintetizza più di tanti altri quello che è un lunghissimo lavoro di riflessione e di analisi che ha come obiettivo quello di coinvolgere diverse istituzioni. Porteremo in questo contesto i risultati anche di una delle più interessanti forme sperimentazioni di un progetto che si chiama educare alla convivenza e prevenire il pregiudizio, finanziato anche dall’ambasciata tedesca a Roma”. Un esempio di collaborazione trasversale tra istituzioni.
Sul rapporto tra comunità si è invece soffermata l’ampia riflessione dello psicanalista David Meghnagi, con un particolare riferimento ai pregiudizi diffusi nei cittadini arrivati in Europa dai paesi islamici. “L’antisemitismo di matrice antisionista in Europa negli anni 80 era importato politicamente. – ha spiegato Meghnagi – Oggi è parte del vissuto di una parte consistente della comunità di cittadini che vivono in Europa e che magari hanno delle origini di terza generazione, legata ai processi migratori e di integrazione e che hanno importato con sé nel nostro paese i pregiudizi politici e religiosi contro gli ebrei, utilizzati come costruzione identitaria di protesta rispetto ad una percepita integrazione non adeguata nel nostro paese e nel nostro continente”. La protesta contro la cultura occidentale di questo mondo per lo più giovanile, spiega il presidente del Comitato accademico europeo contro l’antisemitismo, “viene declinata come antisemitismo antirazzista. Il che è un delirio perché l’antisemitismo è la forma più spregevole di razzismo nel corso della storia”. Contro questa retorica, che fa presa in una parte di mondo islamico ma non solo, servono contromisure, serve una cultura contro “le parole malate dell’odio”. E un ruolo, conclude lo psicanalista, devono averlo anche i religiosi: “ognuno deve fare il suo lavoro, nel suo orto, nella sua casa: quello di rivisitare la tradizione e di valorizzare ciò che unisce, di valorizzare ciò che rende possibile smussare i conflitti e creare la convivenza”.