Roberto Calasso (1941-2021)
Lutto nel mondo dell’editoria: all’età di 80 anni è scomparso Roberto Calasso, proprietario e direttore di Adephi. Un grande intellettuale e protagonista del mercato librario cui ha contributo anche come autore di libri sempre stimolanti. Studioso e traduttore tra gli altri di Franz Kafka e Karl Kraus, Calasso ha firmato una delle opere più significative pubblicate di recente in Italia: Il libro di tutti i libri, interamente dedicata al testo biblico.
Numerose le reazioni alla notizia della sua morte. “Un pilastro dell’editoria italiana e un intellettuale straordinario capace di una sapiente visione della nostra cultura e delle sue radici”, il cordoglio del ministro della Cultura Dario Franceschini. “Calasso ha segnato profondamente la cultura italiana del Novecento e del nuovo secolo, come editore e come scrittore. Ha guidato per cinquant’anni la casa editrice Adelphi, pubblicando nel nostro Paese libri che sono pilastri della civiltà europea (e non solo) e ha contribuito in maniera fondamentale a promuovere la cultura italiana all’estero”, le parole del presidente dell’Associazione Italiana Editori Ricardo Franco Levi.
Il libro di tutti i libri
Non sono molti i libri importanti, quelli che restano a lungo dopo averli letti. Tanto meno se il tema che affrontano è il Sacro. In questa epoca desacralizzata – chiese e sinagoghe sempre più vuote, oroscopi e fattucchiere a gogò – la nostra disattenzione spirituale ci espone all’incertezza, e siamo facile preda per imbonitori, politici o commerciali. Spesso, inoltre, i libri del genere che vengono pubblicati sono astrusi, difficili, da addetti ai lavori. Il libro di tutti i libri è invece un libro che – come quasi tutti quelli di Roberto Calasso – dovrebbe venir soprattutto letto da chi non è un esperto o un appassionato del sacro e delle sue forme. Da La Rovina di Kasch (1983) in poi, l’editore autore di Adelphi ha ingaggiato una conversazione con il Sacro e l’Attuale che è unica per metodo e completezza, per stile e dedizione. E, per quanto mi riguarda, per riuscita e formazione.A differenza di tutti i precedenti, leggendolo mi sono trovato, se non proprio ‘a casa mia’, certamente in un palazzo o su un’isola di cui riconoscevo odori, angoli, animali, persone… Sensazione comoda ma fuorviante e pericolosa, perché nessuno in realtà conosce il luogo che abita peggio di chi ci abita. Spesso però crede di conoscerlo, e ciò è fatale per una vera comprensione. Se, invece, si usa la propria familiarità come strumento per sentire, annusare, guardare, ascoltare, toccare meglio e dunque mettere in discussione ciò che si crede di conoscere già, allora soglia della vera comprensione si spalanca, e dopo tanto ‘guardare’, si vede. Fatto sta che mi sono perso, cercato e ritrovato, perso ancora, illuminato, spento, perfezionato, e ancora smarrito. Ho preso appunti – come faccio sempre per libri come questo: quando un passo, una frase, un capitolo mi toccava nel profondo, scrivevo, subito, la suggestione, riflessione, provocAzione, che mi suggerivano le parole scritte. Secondo me, se si legge sul serio, si legge per poter attivare nella mente e nello stomaco le aree intellettuali e sentimentali che ci permettono di sentire e nominare, in profondità ed estensione eccezionali, ciò che nessuna parola scritta può fermare e nominare adeguatamente. Eccovi dunque alcuni dei miei appunti in corso di lettura, una modalità che mi permetto di suggerire anche a voi, che ne scriverete altri. Oso infatti pensare che se questo non è il Leggere Ebraico, beh, non so cos’altro lo sia.
«L’elica doppia che è, e simboleggia il dna, è anche metafora perfetta del mito, di ciò che è, è stato e sarà. Vero nel momento in cui è visto e narrato – una descrizione che si fa narrazione nel momento in cui il presente è passato, ma ne anticipa il futuro – si sa mascherare perfettamente in ogni forma senza perdere la sua radice. Forse per questo mitologicizzare è la forma principe di ogni narrazione che voglia proiettarsi nel futuro senza lasciare il passato. Di ciò che è nel medesimo tempo uno e tutto.»
«Il visibile negato, o peggio, dannato; l’invisibile cercato, o meglio, benedetto. Conseguentemente, il bello esaltato e il vuoto temuto. E ancora: la tentazione come allarme e soglia. Re di Contraddizioni Virtuose, così chiamerò Salomone d’ora in poi.»
«Il prodigio come atto fondativo della Legge, il terrore come presupposto della misericordia, la testimonianza come prima, necessaria e sufficiente forma di narrazione.»
«E se l’elezione fosse stata una diminuzione, dalla sicurezza dell’estraneità alle incertezze della competizione?»
«Si dice poco. Che il bisogno di Dio È reciproco.»
«E dopo? Cosa leggerò, dopo, se questo è Il libro di tutti i libri?
Ah, certo: tutti gli altri! Sarà una rilettura, non è vero?»
Valerio Fiandra
(29 luglio 2021)