Controvento – Si può fermare
l’Apocalisse del Pianeta?

Il 29 luglio è stato un giorno funesto per il pianeta. Incendi devastanti scoppiati ovunque -biblico quello sulle coste dell’Anatolia, in Turchia, passato praticamente inosservato in Italia, dove i media sono concentrati sul Covid, le Olimpiadi e le schermaglie politiche: sono bruciati migliaia di ettari di foresta protetta, antichissima, già nota ai greci e ai romani che occuparono quel fertile e meraviglioso territorio, migliaia di case andate in fumo e di persone evacuate. Sopra l’isola greca dove mi trovo, a 6 miglia dall’Anatolia, il cielo è stato nero per due giorni.
E da noi le “bombe” di gradine, le frane, i fiumi esondati, i fuochi in Sardegna e Sicilia… Crudele la natura o incosciente l’umanità, che sembra ballare sul ponte del Titanic che affonda, dove il Titanic è il nostro pianeta?
Proprio il 29 luglio si è concluso il ciclo di equilibrio delle risorse annuali del pianeta, ovvero il giorno in cui abbiamo esaurito le risorse naturali dell’anno. Non molti ne sono consapevoli, ma gli esperti lo hanno battezzato l’Earth Overshoot Day. E’ come se, volendo fare un paragone facilmente comprensibile, avessimo già consumato tutti i nostri guadagni del 2021 e dovessimo intaccare il nostro capitale per arrivare a fine anno. Se poi andiamo a guardare Paese per Paese, l’Italia il suo Overshoot day lo aveva già raggiunto il 13 maggio… ma si sa, noi siamo il regno delle cicale, come giustamente ci rimproverano i nostri parsimoniosi vicini del Nord.
Letteralmente “Earth Overshoot day” significa giorno del sovraccarico, sforamento, ipersfruttamento della Terra delle risorse biologiche he il pianeta è in grado di rigenerare. Da quel momento in poi siamo in deficit, e non ci vuole un economista per spiegare che quando si comincia a intaccare il capitale, è l’inizio della fine perché, man mano che il capitale si assottiglia, si diminuiscono anche gli interessi che esso può produrre.
L’anno scorso, grazie alla pandemia, il trend era lievemente migliorato. Ma ora siamo tornati ai consumi del 2019, con una crescita esponenziale rispetto al 1970, l’ultimo anno in cui la Terra è stata in equilibrio.
Se si leggono le tabelle, la progressione è impressionante.
Nel 1970 non c’era overshoot, nel ‘71 siamo andati in rosso il 21 dicembre, nell’81 il 12 novembre, nel ’91 l’11 ottobre, nel 2001 il 23 settembre, nel 2011 il 5 agosto, quest’anno il 29 luglio. Se andiamo avanti così, fra sessant’anni -quando i nostri figli e i nostri nipoti saranno ancora al mondo- saremo in perenne overshoot, ovvero vivremo consumando il capitale naturale del pianeta.
Che cosa fare? Il problema è che la maggior parte degli individui se ne disinteressa. Ritengono che il problema vada risolto “dall’alto” -e in fondo non hanno tutti i torti- oppure sono troppo presi dai problemi di sopravvivenza individuale per preoccuparsi della sopravvivenza del pianeta.
Eppure, anche se non possiamo incidere sullo scempio della foresta amazzonica, una delle principali riserve di ossigeno del Pianeta, né sul macrosistema capitalistico basato sullo sfruttamento delle risorse naturali e la crescita progressiva dei fatturati, ci sono dei comportamenti virtuosi che, se praticati da tutti e con costanza, qualche miglioramento potrebbero apportarlo, come si è visto durante la pandemia.
Il più semplice, e alla portata di chiunque, sarebbe di tenere l’aria condizionata a una temperatura non inferiore ai 24°C, più che sufficiente per rinfrescare e dare benessere. Mi sono spesso chiesta perché non è stata emanata una normativa europea in questo senso, visto che ne esiste una analoga per il riscaldamento, che non deve superare i 20°C. E’ vero che non è possibile controllare casa per casa, ma basterebbe imporlo agli uffici, agli ospedali, agli aeroporti, le pubbliche istituzioni, con un risparmio energetico importante.
Più difficile da adottare, sarebbe un cambiamento nelle nostre abitudini alimentari. che causano un terzo delle emissioni di CO”. Il consumo esagerato di pesce ha spopolato gli oceani distruggendo la catena alimentare marina e incentivato gli allevamenti ittici che disperdono antibiotici, estrogeni e deiezioni nel mare. L’abitudine di servire ogni giorno sul piatto carne e pollame ha prodotto l’aberrazione degli allevamenti intensivi che danneggiano l’ambiente con la produzione di gas serra (il 14,5% del totale proviene dagli allevamenti intensivi) e il consumo immane di acqua, oltre a essere dei veri e propri lager per gli animali. Ed è risaputo che la sofferenza produce tossine, potenzialmente dannose per chi di quella carne si nutre. Tanto che la Oxford University ha lanciato un programma online Optimise meat tracker per aiutare a diminuire il consumo di carne.
“Basterebbe un giorno alla settimana senza carne o pesce” sostiene Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, che non si stanca di battere su questo tasto. Io sono più drastica e credo che sarebbe necessario, e salutare non solo per il pianeta ma anche per noi, tornare alla dieta dei nostri nonni ricca di gustose ricette di verdura, formaggi, proteine vegetali -con pesce, carne, pollame una volta alla settimana. E di tanto in tanto praticare il digiuno, così utile per la salute, come ormai sostengono tutti gli scienziati.
Un altro importante strumento di cambiamento è quello di investire sulle aziende che non inquinano, rispondono criteri etici e si pongono l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile. E’ una opzione che ormai molte banche e fondi di investimento propongono e ci sono portafogli che invece che guardare solo al profitto individuale tengono in considerazione anche il profitto del Pianeta, e magari anche ad altri parametri, come la parità di genere nel management e nelle retribuzioni, il trattamento della manodopera, i Paesi di produzione e di residenza fiscale. Premiare aziende etiche e che creano uno sviluppo sostenibile è una scelta che ciascuno può fare e che potrebbe portare un impatto positivo in tempi piuttosto brevi.
Infine, una nota positiva. Stanno nascendo in tutto il mondo start up, create da giovani, per riutilizzare i materiali di scarto e creare in oggetti di uso quotidiano e anche di lusso (è uscito un interessante articolo su La Voce di New York, nuove tecnologie, come la pirolisi, per trasformare ogni tipo di scarto in energia (c’è anche un progetto italiano dell’ENI), nuovi strumenti di produzione alimentare “alternativa”. Una delle massime esperte al mondo in questo campo è l’italiana Sharon Cittone, segnalata come una delle 100 donne più potenti al mondo per produrre cambiamenti nei settori strategici.” La filiera agroalimentare è il settore economico più impattante sull’ambiente: comporta più di un terzo di tutte le emissioni di CO2” spiega. “È perciò improrogabile agire, e proprio per questo ho creato Edible Planet Ventures, la prima piattaforma olistica che mira a connettere gli ecosistemi, gli investitori e le aziende per cercare insieme soluzioni, condividere le best practice e accelerare il cambiamento”.

Viviana Kasam