Oltremare – L’inno
Ci vuole proprio una persona poco attenta alle cose sportive come me, per scoprire solo adesso che alle premiazioni durante le Olimpiadi, nonostante per ogni specialità vengano attribuite tre o perfino quattro medaglie, un solo inno viene suonato, quello relativo al detentore della medaglia d’oro. Fino a ieri alle 10:30 del mattino ora israeliana questo era un gran peccato, perché fino a quel punto Israele aveva ottenuto, o conquistato, solo due bronzi e tutti e due in modo abbastanza inatteso. Quindi grande felicità ma niente inno, e io ci ero rimasta un po’ male perché so quanto l’Hatikwa sia ubiqua nella nostra vita di israeliani. Ecco una cosa di cui ci si rende conto solo ad un certo punto, dopo aver fatto l’aliyah: in Israele parte l’inno nazionale sul finale di qualsiasi celebrazione, commemorazione, festa di fine anno scolastico, saggio di danza, e sospetto anche fine di assemblea di condominio, ma non ne ho mai frequentate e quindi non ho prove. Insomma, se un israeliano anche molto recente, in termini di età o di immigrazione, non sa l’Hatikwa, la cosa è allarmante o politica, e non entriamo qui nella spinosissima questione. Meglio concentrarsi nella gioia immensa di sentirla finalmente – prima volta dopo la prima volta assoluta che fu nel lontano 2004 – grazie ad uno sportivo che oltre a tutto è un olè, un immigrato, nello specifico dall’Ucraina, con tutte le complicazioni e fatiche che questo comporta. Possiamo supporre che Artem Dolgopyat abbia cantato a squarciagola sotto la mascherina, il che rende il momento forse ancora più storico, cioè immerso nella storia di questi anni pandemici. Di sicuro tutti gli israeliani che hanno seguito la cerimonia hanno cantato ad alta voce nei loro salotti. Perché in questo anno e mezzo abbiamo saltato un numero immenso di celebrazioni, commemorazioni eccetera, ed è un bene tenere in esercizio le corde vocali, insieme allo scatto in piedi nel momento in cui parte la musica.
Daniela Fubini