Lukashenko, i deliri antisemiti
dell’ultimo dittatore d’Europa

Il 9 agosto 2020 la Bielorussia si era recata alle urne con un misto di paura e speranza. Per la prima volta dopo molto tempo, e nonostante le violente repressioni, sembrava esserci un’opposizione in grado di mettere in difficoltà Alexander Lukashenko. L’ultimo dittatore d’Europa, al potere dal 1996, doveva affrontare la rabbia di un paese sempre più disilluso e raccoltosi dietro la figura di Svetlana Tikhanovskaya. A un anno di distanza, la possibilità di vedere un cambio di regime in Bielorussia rimane lontano. Lukashenko è rimasto al suo posto, i suo oppositori politici sono in prigione o in esilio all’estero – tra cui Tikhanovskaya -, le proteste contro i brogli elettorali sono state represse con migliaia di arresti e incarcerazioni. Per mesi l’attenzione internazionale è stata alta, grazie alle mobilitazioni di massa per le strade di Minsk, poi gradualmente i riflettori si sono spostati altrove. Fino al caso esploso ora alle Olimpiadi, dove l’atleta bielorussa Kristina Timanovskaya, per aver criticato pubblicamente una decisione tecnica della sua federazione, è stata quasi rimpatriata a forza. Quasi perché è riuscita ad evitare il peggio chiedendo aiuto in aeroporto alla polizia giapponese. “Un tentato rapimento”, l’ha definito Timanovskaya, che nel frattempo ha ottenuto un visto umanitario dalla Polonia. Per lei si è mobilitato anche il Comitato olimpico internazionale. E la sua vicenda diventa così l’ennesimo caso di soprusi perpetrati dal regime di Lukashenko in patria e non contro i propri cittadini. “Questo è lontano dall’essere un caso isolato”, ha dichiarato ai media la leader dell’opposizione Tikhanovskaya, costretta a vivere in Lituania. “Tutta la nostra lotta mira precisamente a ristabilire lo stato di diritto nel paese e ad ottenere il rispetto dei diritti umani”.
Al suo repertorio di violazioni, Lukashenko nell’ultimo periodo ha aggiunto anche il complottismo antisemita. Celebrando lo scorso 3 luglio il giorno dell’indipendenza della Bielorussia, in cui si ricorda la liberazione del paese dai nazisti da parte dell’esercito sovietico, il dittatore ha detto che il popolo bielorusso deve seguire l’esempio “degli ebrei”, che hanno ottenuto che il mondo “si inchinasse davanti a loro”. Tutti, il delirante discorso di Lukashenko “hanno persino paura di puntare un dito contro di loro, e noi siamo così tolleranti, così gentili, non volevamo offendere nessuno”. Il riferimento è alle commemorazioni delle vittime bielorusse del nazismo: tre milioni, di cui 800mila erano ebrei.
Il ministero degli Esteri israeliano ha immediatamente protestato con Minski e definito i commenti del presidente bielorusso “inaccettabili”. “Questo – scrivono su Haaretz Milàn Czerny e Boris Czerny – non ha fermato il regime di Lukashenko dal raddoppiare la buona vecchia ricetta di una cospirazione internazionale ebraica”. Solo poche settimane dopo infatti, raccontano i due esperti di Russia ed Est Europa, i media controllati dal governo hanno accusato gruppi ebraici bielorussi e singoli leader ebrei di voler destabilizzare il paese, con l’aiuto di finanziatori ebrei dall’estero, tra cui, ovviamente, George Soros.