Dolgopyat, il ritorno in patria da eroe
e il dibattito acceso sul matrimonio
Celebrazioni in grande stile per Artem Dolgopyat, il 24enne ginnasta fresco vincitore dell’oro olimpico nel corpo libero, al suo ritorno in Israele. Sceso dall’aereo con la medaglia al collo, è stato accolto dal suono dello shofar e dall’immancabile champagne. Una vera e propria festa nazionale per il secondo atleta a raggiungere, nella storia dei Giochi, il metallo più nobile.
“Il più caloroso benvenuto che abbia ricevuto in vita mia” ha detto rivolgendosi alle molte persone accorse all’aeroporto Ben Gurion. “Mi sento sull’orlo delle lacrime dall’emozione. Una sensazione ancora più forte rispetto a quella provata nel momento in cui ho vinto la gara” ha poi commentato il ginnasta, che è nato in Ucraina e vive a Tel Aviv dal 2009.
Il suo successo ha avuto enorme risonanza. Ma è sugli aspetti non strettamente sportivi che si concentra l’attenzione della politica. Il “caso” l’ha aperto la madre dell’atleta rivelando come Dolgopyat, che ha origini ebraiche solo per via paterna e non è quindi ebreo secondo la Legge ebraica, provi un certo turbamento all’idea di non potersi sposare nella patria che l’ha accolto, in cui si è subito integrato e i cui colori ha rappresentato con grande orgoglio a Tokyo. E questo perché, come noto, in Israele non esiste la possibilità di contrarre unioni civili. Il diretto interessato ha scelto di non esprimersi nel merito e non sembra intenzionato a farlo a stretto giro. “Si tratta – le sue parole – di una questione che attiene in modo esclusivo alla mia vita personale”. In testa per il momento sembra avere soprattutto un altro obiettivo: vincere anche la prossima edizione dei Giochi, in programma a Parigi nel 2024. “La storia non finisce qui. Da oggi – ha annunciato battagliero – si lavora in funzione di quell’appuntamento”.
La scena l’ha presa così la politica. Tra le dichiarazioni che stanno suscitando dibattito l’intervento di Yair Lapid, uno dei due garanti dell’alleanza di governo e Primo ministro designato per il 2023. “Mi batterò con tutte le mie forze affinché il matrimonio civile sia contemplato anche in Israele”, le sue dichiarazioni al Jerusalem Post. “È intollerabile – il suo pensiero – che qualcuno che ha rappresentato il nostro Paese e vinto una medaglia d’oro ai Giochi non abbia la possibilità, in quello stesso Paese, di sposarsi”. Non l’unica voce a levarsi. Tra i contrari spicca il leader del partito religioso Shas Arye Deri: “Aver vinto una medaglia – il suo messaggio – non lo rende ebreo. Non c’è nessuna discriminazione nei suoi confronti, ma la legge parla chiaro: i matrimoni in questo Paese, da 73 anni a questa parte, sono regolati secondo la Legge ebraica”. Un tema che resterà al centro del confronto a lungo, viste anche le sponde arrivate a Lapid da esponenti di altri partiti. Secondo Deri se si andasse in quella direzione “per l’idea di Stato ebraico sarebbe la fine”.
Secondo recenti sondaggi la maggioranza dei cittadini israeliani (72% nella sua componente ebraica, 76% in quella araba) sarebbe favorevole all’introduzione del matrimonio civile.