Ebrei di Libia
Il 21 luglio scorso David Meghnagi ha tenuto una relazione alla Commissione Esteri della Camera dei Deputati avente per oggetto la situazione degli ebrei nei Paesi arabi – o, per meglio dire – la loro epopea. Raffinato intellettuale, non soltanto la sua relazione è stata amena e scorrevole, ma anche completa e ricca di suggerimenti, che hanno unito felicemente il versante teorico a quello pratico, fornendo soluzioni semplici. Tali soluzioni, che riguardavano lo status degli ebrei nelle società arabe e/o islamiche, sono parse del tutto condivisibili. Non voglio riferirne in questa sede, perché è sul web, ed è piacevole ascoltarla.
Che fine farà la bella e chiara relazione di Meghnagi? Questo non lo sappiamo, ma per contro siamo certi che essa affronterà due tipi di problemi, tutti e due collegati ai pregiudizi. Trattandosi di profughi ebrei, tutti considereranno che siano ricchissimi, contrariamente ai profughi palestinesi, ontologicamente poverissimi. Poi, vi è un secondo problema, che concerne i pregiudizi anti ebrei libici di molti intellettuali, che considerano costoro come meno progressisti di loro (per usare un eufemismo) tant’è che taluni lo scrivono, forse pensando che nessuno legge. Anche qui opera un congegno fantastico, per cui viene rimosso quanto non gradito, e forse non bisogna scomodare Freud per accorgersene, basterebbe una qualche scolarizzazione. Eppure, fra gli ebrei libici troviamo personalità di straordinario valore in tutti i campi, ma anche se costoro ricevessero un Nobel al compimento della maggiore età, i pregiudizi rimarrebbero. Non ne faccio una questione morale, ma un meccanismo intrinseco all’essere umano, per cui chi non è del tutto speculare costituisce un problema.
Visto che Meghnagi si è rivelato esauriente nella sua relazione, provo ad esserlo anch’io. La sua relazione andrebbe inserita nei nostri programmi scolastici, perché è bella, chiara, fatta molto bene, istruttiva, non livorosa e – perdonatemi se vi va – pratica.
Emanuele Calò, giurista
(3 agosto 2021)