Antonio Pennacchi (1950-2021)

“La cosa di cui sono più orgoglioso in tutta la mia vita è d’essermi offerto volontario nel 1967 per la guerra dei sei giorni. Avevo diciassette anni e andai apposta all’ambasciata d’Israele a Roma. Ad iscrivermi negli elenchi. Poi loro per fortuna mia e probabilmente pure loro non m’hanno preso. Però io ci sono andato e resto a tutti gli effetti un volontario”.
C’era anche questo nell’avventurosa esistenza di Antonio Pennacchi, il grande scrittore nativo di Latina scomparso nelle scorse ore all’età di 71. Arrivato al successo dopo una lunga serie di rifiuti editoriali, aveva esordito con Mammut (1994). Mentre nel 2003 era stata la volta de Il fasciocomunista. Nel 2010 la ribalta nazionale con Canale Mussolini, vincitore tra gli altri del Premio Strega.
Militante prima dell’estrema destra e poi dell’estrema sinistra, Pennacchi ha avuto una biografia complessa. E certamente mai banale. All’indomani della vittoria dello Strega, in una intervista con La Stampa, ammoniva: “Ci sono questioni che come Paese non abbiamo risolto, prima di tutto come popolo, penso alla responsabilità sulle leggi razziali, non ci fu una sola manifestazione di dissenso. Nella sua globalità il popolo italiano ha detto, ‘Che me frega, mica sono ebreo io’, ci siamo voltati dall’altra parte e secondo me un antisemitismo di fondo è ancora presente nel popolo italiano, sia a destra, che a sinistra, mascherato da antisionismo”.
Sia il suo ricordo di benedizione.

(4 agosto 2021)