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Storie di ordinaria povertà

Questa settimana vorrei suggerire una lettura per il mese di agosto. Potrei dire che è il libro di storia che più mi ha convinto nell’anno in corso. Lo ha scritto Luciano Allegra (La povertà degli ebrei. Voci dal ghetto, Zamorani): “L’idea che nel mondo occidentale, dal medioevo fino ai giorni nostri, ci si è fatta degli ebrei è che fossero – e siano – pressoché tutti ricchi”, spiega l’autore: “Gli ebrei vengono associati a una sorta di opulenza quasi congenita. Questa caratterizzazione si è incarnata in una lunga serie di raffigurazioni sarcastiche e spregiative, fra cui spiccano quelle novecentesche, che hanno nutrito la persistenza di stereotipi difficili da superare.
Tuttavia chiunque, nei secoli passati, avesse anche solo attraversato un ghetto o un quartiere ebraico avrebbe potuto toccare con mano che la maggior parte degli abitanti viveva in condizioni tutt’altro che floride: anzi, sopravviveva a stento, o comunque in uno stato di povertà o di semi-indigenza.
Gli ebrei italiani – di tutte le città, grandi e piccole, nel Nord e nel Centro – a Sud con la dominazione spagnola erano stati costretti quasi del tutto a emigrare o convertirsi –, costretti in gran parte a vivere nei ghetti, erano, come il resto della popolazione, in gran parte poveri, quando non indigenti ai limiti della sopravvivenza”. La ricerca di Allegra si fonda su un fondo archivistico anche questo da record: l’archivio della Comunità di Mantova, ora on line, dove sono conservate si può dire le cronache di questa ordinaria povertà, storie di vita, talvolta minuziose, talvolta avventurose, microstorie, ma non nel senso della teoria. Così precise da sembrare storie orali, sembra di ascoltare la voce dei personaggi. Lo studio di Luciano Allegra, unendo storia economica e microstoria, nell’introduzione e nella conclusione offre infine una lezione di metodo, di concretezza polemizzando giustamente contro le moderne teorie che riducono la storia a romanzo.

Alberto Cavaglion