Padova ebraica – Romanin Jacur:
“Il nostro è un territorio ben presidiato”

Quarant’anni in Consiglio, quattordici da presidente. Davide Romanin Jacur, assessore al Bilancio UCEI, di storie da raccontare ne ha molte.
Il suo primo pensiero va a rav Achille Viterbo, rabbino di Padova dal 1955 al 1999. Una delle figure più rappresentative della Comunità del dopoguerra. “Non c’era persona – afferma – che non conoscesse e seguisse. Ho molto ammirato il suo modo di lavorare”. Un impegno tenace, sul campo. “Quasi da prete di campagna”, sorride Jacur.
Gli anni del suo impegno comunitario, prosegue, hanno coinciso con una svolta sul piano delle relazioni. “Fino agli anni Novanta il rapporto con le autorità era abbastanza ridotto, limitandosi perlopiù a contatti con questura e prefettura. Un cambio di passo, nel segno di una maggiore intensità, è arrivato con l’istituzione della Giornata Europea della Cultura Ebraica e con quella del Giorno della Memoria. Soprattutto con quest’ultima”. Per Jacur un impegno serrato anche a livello personale, con cinquanta viaggi e migliaia di studenti accompagnati nei principali centri della Memoria europea. Esperienza da cui è nato di recente un libro, KZ, per i tipi della casa editrice Ronzani, con un percorso “insieme rigoroso ed emotivo” attraverso 23 campi di concentramento e sterminio visti anche attraverso le testimonianze dei ragazzi.
Un altro, sui luoghi non visitati, è in lavorazione e uscirà prossimamente.
“È questa dice Jacur la soddisfazione più grande: l’aver lasciato qualcosa alle nuove generazioni, motivandole a dare un contributo per una società migliore”. Un’esperienza che – da Padova, sull’asse proficuo di collaborazione Comune-Comunità – ha fatto scuola anche altrove. Positivo, rileva Jacur, anche il rapporto con la diocesi. “Dall’inizio degli anni Duemila una relazione che potrei quasi definire idilliaca. Molto è stato fatto, presidiando il territorio e non lasciando niente al caso”. Guardando alla gloriosa storia degli ebrei padovani, l’assessore UCEI si permette un’altra battuta: “Tra fine Ottocento e inizio Novecento tutte le maggiori cariche elettive erano state assegnate ad ebrei: il sindaco, il rettore, il presidente dell’ospedale. Parlamentari, come il mio avo Leone Romanin Jacur, che fu figura chiave nell’azione di bonifica. Pure Luigi Luzzatti, il presidente del Consiglio, era un padovano d’adozione. Soltanto il vescovo, vien da dire, non era ebreo”.
Una vicenda unica nel suo genere, ripercorsa anche all’interno del Museo della Padova Ebraica: un museo, tiene a precisare, “delle relazioni tra gli ebrei e la città”. È una delle realizzazioni, dei progetti andati in porto, di cui più va orgoglioso. Al pari dei restauri di sinagoga italiana e tedesca e dei cimiteri, con fondi propri ma anche finanziamenti pubblici e di fondazioni bancarie.
E poi, aggiunge Romanin Jacur, l’aver contribuito a far sì che il Veneto diventasse, all’inizio del 2020, “la prima Regione in Italia a varare una legge dedicata in modo specifico alla conoscenza della Shoah e al Giorno della Memoria”.

Dossier Padova ebraica, Pagine Ebraiche Agosto 2021