Vaccinare i giovani
Per raggiungere l’obiettivo dell’80 per cento di immunizzati entro fine settembre è fondamentale accelerare la campagna vaccinale per la fascia tra i 12 e i 19 anni. Per questo il commissario Figliuolo ha annunciato una “corsia preferenziale senza prenotazioni” per ragazze e ragazzi. Il Corriere spiega che il 76,88% degli adolescenti tra 12 e 15 anni non hanno ricevuto nemmeno una dose. E chiede alla pediatra Chiara Azzari, direttrice scientifica dell’ospedale Meyer di Firenze, se abbia senso per i genitori temporeggiare. “Nessuno. – la replica di Azzari – Il vaccino prima si fa, meglio è. Per raggiungere la protezione completa sono necessarie due dosi, una sola non basta e fra l’una e l’altra devono passare da 3 a 4 settimane. Altro che aspettare. Bisogna sbrigarsi. L’inizio delle scuole è vicino”.
Afghanistan in mano ai talebani. Non apre le prime pagine dei quotidiani italiani, ma preoccupa quanto sta accadendo in Afghanistan dove i talebani, con il progressivo ritiro delle truppe occidentali, stanno avanzando velocemente e riconquistando il paese. “I primi a percepire la paura sono i soldati afgani: – il drammatico racconto di Repubblica – si insinua sotto l’uniforme, si fa largo di fronte ai rifornimenti che non arrivano, dilaga quando dalle zone dei combattimenti più aspri arrivano notizie di militari torturati, accecati, giustiziati a freddo dopo aver finito le munizioni. E per qualcuno la tensione è insostenibile, l’unica scelta è buttare la divisa in un fosso e sparire, sperando che nessuno si ricordi”. E la situazione non potrà che peggiorare quando l’11 settembre le truppe Usa si ritireranno definitivamente. Sempre Repubblica segnala come il presidente Usa Biden – che ha ereditato da Trump la decisione del ritiro, condividendola – sia oggetto di critiche sia da sinistra sia da destra. E ora dovrà gestire questo fronte caldo del Medio Oriente.
Toponomastica e conti con la storia. Dopo l’idea – fermamente condannata da UCEI e Comunità ebraica di Torino – di intitolare ad Almirante una via di Alessandria, ora è il momento di un parco a Latina, che il sottosegretario al Mef Claudio Durigon (Lega) ha proposto di dedicare ad Arnaldo Mussolini, fratello del duce. E non più a Falcone e Borsellino. “È la goccia che fa traboccare il vaso. Pudore vorrebbe che si dimetta subito. Ma non basta”, le parole del presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo. In un intervento pubblicato sul Fatto Quotidiano, il presidente Anpi elenca diversi casi simili a quello di Alessandria e Latina e parla di “anelli di un’unica catena che mette in discussione i fondamentali del nostro sistema democratico”. Sulla vicenda interviene anche il dirigente Pd Gianni Cuperlo con un editoriale su Domani: “La reazione tiepida è quel che preoccupa nel caso Durigon”, la sua analisi. “A me resta il dubbio su come possa capitare in pieno 2021 che un pezzo della destra senta di osare tanto. – scrive Cuperlo – Cioè posso sbagliare, ma venti, dieci o anche pochi anni fa avrebbero pensato non una, cento volte, prima di arrischiare un capitombolo simile”.
Vivere a Lod. Nuovo reportage da Israele dell’analista Stefano Stefanini per la Stampa. Punto di partenza questa volta è Lod, città del centro d’Israele segnata, durante l’ultimo conflitto con Gaza, da violenti scontri tra cittadini ebrei ed arabi. Qui una sinagoga è stata data alle fiamme, scioccando l’intero paese. “Nessuno pensava che i nostri vicini si girassero contro di noi”, la testimonianza a Stefanini di una donna, ancora scossa dalla rivolta araba in città. Sul Fatto si parla invece di un progetto a Gaza di un’azienda di cosmetica gestita da donne. “Il progetto – si legge – è finalizzato all’emancipazione delle donne e al rilancio dell’economia ed è sostenuto dall’Australia e dall’organizzazione umanitaria Oxfam”.
Il Céline ritrovato. In Francia sono stati rinvenuti degli archivi perduti dello scrittore Louis-Ferdinand Céline. Le carte sono state consegnate da un ex critico di “Libération” alla polizia di Nanterre. Ad averle sottratte, scrive oggi Luca D’Andrea sua Repubblica ricostruendo la vicenda, “sarebbe stato quello che l’autore antisemita definisce nelle sue lettere ‘l’ebreo corso’”. Ovvero Oscar Rosembly, giornalista attivo nella Resistenza. A margine della vicenda, D’Andrea evidenzia come “Parlare di Céline è scomodo non solo per il suo antisemitismo, ma per la rabbia che così puntualmente si trova a raccontare”. In particolare, “Leggere Céline con occhi nuovi (e leggere sue nuove parole) ci costringerà a prendere atto che, anche se il secolo dei totalitarismi è chiuso, la rabbia è ancora lì”.
Daniel Reichel