Alberi

A conclusione della parashà di Shofetim (che leggiamo sabato prossimo) si trova una norma sorprendente per i tempi in cui è stata data al Popolo Ebraico. Quando Israele assedia una città nemica non deve abbattere gli alberi che circondano la città assediata. Se ne possono godere i frutti, ma la pianta deve essere lasciata integra. Solo gli alberi che producono frutti non commestibili possono essere tagliati “per costruire strumenti di assedio contro la città che ti fa guerra, finché non sarà caduta”. Dettata a Moshé Rabbenu, sembra un manifesto degli odierni ecologisti più rigorosi.
Prima di ragionarci sopra analizziamo bene il testo della Torah. La prima distinzione: da “opera” si deve usare solo il legname di alberi non fruttiferi. I fruttiferi sono troppo preziosi per l’ umanità perché si possa utilizzarne il legno, anche se questi crescono in territorio nemico. L’abbattimento di qualche albero è permesso solo se serve come necessario strumento di guerra, non per un irragionevole devastazione del territorio, anche se ai danni del nemico: la guerra è condotta contro nemici che minacciano la sicurezza di Israele, non contro gli alberi . “Quando ti avvicinerai ad una città per combattere contro di essa dovrai offrirle pace….se non vorrà far pace con te la stringerai d’assedio” (Deut. 20: 10-12), ma la guerra a un nemico non giustifica l’inconsulta devastazione del territorio.
Ed ora vediamo cosa sono gli alberi. Tutti i vegetali (superiori) nascono da seme e dallo sviluppo di questo si formano le piante intere. Alcune raggiungono dimensioni rilevanti. Non tutte le specie si sviluppano in forma arborea. Le strutture arboree (a differenza di quelle unicamente erbacee) si sviluppano nel corso di svariati (spesso molti) anni. E sono dotate di strutture che allontanano dal terreno le parti della pianta in attività più critica ed intensa: foglie per la raccolta dell’energia solare ed elaborazione delle sostanze vitali, fiori e frutti per la propagazione della specie. Questo effetto di allontanamento dal terreno, dove le attività vitali sopra citate potrebbero essere più facilmente esposte a fattori avversi, avviene grazie alla crescita del fusto, che dovendo sopravvivere per anni e raggiungere livelli piuttosto elevati, è irrobustito mediante una struttura legnosa:il tronco.
Alla sommità il tronco si suddivide in strutture più sottili il cui nome è entrato nel linguaggio comune: i rami. La dizione corretta è quindi che il tronco si “ramifica”, espressione che non è più esclusiva della botanica. Lungo i rami si sviluppano tutte le strutture fondamentali per la sopravvivenza e lo sviluppo della pianta: le foglie per la raccolta e l’utilizzo dell’energia solare per la sopravvivenza dell’individuo e i fiori (con la successiva evoluzione in frutti) per la sopravvivenza della specie.
La caratteristica prevalente degli alberi (rispetto alle piante erbacee) è quella di vivere per molti anni, coprendo la terra con uno strato spesso e vivo di strutture vegetali. La Torah mostra e insegna rispetto per questa forma di vita.
Le caratteristiche del tronco lo rendono ottimo come materiale da costruzione: tal quale costituisce una ottima colonna per il sostegno delle strutture elevate di un edificio. Può essere agevolmente tagliato e sagomato con strumenti metallici (seghe, trapani, scalpelli, ecc) consentendo così di creare strutture complesse. Il Tanach riporta che Salomone per costruire il Santuario si rivolse a Hiram Abiff, re di Tiro affinché gli fornisse grandi quantità di legno degli alberi che crescevano sulle pendici del Libano. Questo è sicuramente il motivo per cui il Santuario poté essere distrutto completamente due volte, dai Babilonesi e dai Romani che, una volta conquistata Gerusalemme, incendiavano agevolmente il suo edificio più significativo. I resti che troviamo oggi sono soltanto i grandi massi di pietra che costituivano il basamento del Santuario, ma l’edificio stesso finì in cenere in entrambi i casi. La lavorazione del legno, peraltro assai sofisticata, doveva essere molto antica: infatti già la Torah ammonisce di non adorare “ idoli di legno”. Segno che l’arte della lavorazione del legno doveva essere avanzata sin dai tempi più antichi.
Ma il pregio degli alberi non è soltanto il “prodotto” cioè il legno, ma anche l’ambiente che riescono a creare. La chioma, che è la parte più attiva della pianta, occupa uno spazio considerevole ( da svariati a molti metri di spessore) nel quale elabora l’atmosfera, arricchendola di ossigeno, ma anche (soprattutto le conifere) anche di terpeni e altre sostanze corroboranti e disinfettanti che migliorano lo stato di salute delle persone che vivono in vicinanza. In aggiunta, alcune specie producono frutti che sono assai utili all’Uomo e li producono in abbondanza in uno spazio limitato. Olivo, Fico e vite sono le piante che la Torah tutela in particolare, ma, come abbiamo visto, anche altre specie rientrano nella protezione della Torah.
Come in altri casi anche per gli alberi occorre far tesoro dell’ammaestramento della Torah: vivere in un ambiente privo di verde è dannoso alla salute, fisica, ma anche mentale. Nelle nostre città è quindi utile ed opportuno che crescano alberi per migliorare le nostre condizioni di vita sia fisiche che mentali.

Roberto Jona, agronomo