La caduta dell’Afghanistan
In tre mesi anche la capitale dell’Afghanistan, Kabul, potrebbe cadere in mano ai talebani, la cui avanzata sembra inarrestabile, raccontano oggi le prime pagine dei principali quotidiani italiani. Con il progressivo ritiro americano e delle forze alleate, i talebani stanno facilmente riconquistando il paese e decine di migliaia di persone sono fuggite a Kabul in cerca di un rifugio. “Hanno perso tutto, hanno lasciato case e attività, affetti e ricordi. Non tutti ce la fanno”, scrive su Repubblica il corrispondente Daniele Mastrogiacomo. Washington dall’altra parte ha ribadito che tocca al governo di Ashraf Ghani rispondere all’avanzata talebana. “Capiti quello che capiti, gli americani a questo punto lasciano l’Afghanistan alla sua sorte”, la valutazione di Lorenzo Cremonesi sul Corriere. E intanto in Europa si “teme un’ondata di profughi” titola Repubblica. “Germania, Belgio, Olanda, Danimarca, Austria e Grecia – riporta il quotidiano – temono che, se si apre la porta a qualcuno, il flusso di immigrazione non voluta sarà incontenibile. E nei giorni scorsi hanno chiesto alla Commissione europea che non fermi i rimpatri forzosi di chi ha chiesto e non ha ottenuto l’asilo politico”. La lettera, prosegue Repubblica, ha suscitato un coro di indignazione generale, con una presa di posizione molto dura da parte di Ong e organismi umanitari, e “ieri alla fine Germania e Olanda hanno deciso di sospendere i rimpatri, sia pure di malavoglia”.
Il filo Gerusalemme-Rabat-Dubai. Tre accordi sono stati siglati ieri dal ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid nella sua visita in Marocco nel segno degli Accordi di Abramo. Una visita che Lapid ha definito storica e nella quale ha incontrato l’omologo Nasser Bourita. Quest’ultimo ha sollecitato la ripresa immediata dei negoziati tra Israele e palestinesi per una soluzione a due stati. Dell’incontro parla oggi Domani, che ricorda la vicenda Pegasus: secondo un’inchiesta internazionale Rabat avrebbe usato lo spyware creato da Nso, un’azienda israeliana, per spiare il presidente francese Macron. “A oggi – si legge nell’articolo – le rivelazioni su Nso non sembrano in ogni caso aver creato troppi imbarazzi nelle cancellerie medio-orientali. Le reazioni, a parte quelle di Parigi, scarseggiano. E a un anno dagli accordi di Abramo sono proprio i rapporti bilaterali fra Israele e gli Emirati a vantare i progressi più significativi. Secondo dati recentissimi dell’ufficio centrale israeliano di statistica, il valore degli affari fra i due paesi avrebbe raggiunto 570 milioni di dollari dalla normalizzazione delle relazioni”.
Il futuro di Eitan. Tanti articoli, forse troppi, oggi sui giornali italiani sulla vicenda legata al futuro del piccolo Eitan, il bimbo unico sopravvissuto alla strage del Mottarone (Corriere, Stampa, Repubblica tra gli altri). Gli zii materni hanno tenuto in Israele una conferenza stampa annunciando di aver incaricato un avvocato di chiedere l’adozione del nipote per farlo crescere in Israele. I toni sono stati molto duri con l’accusa alla zia paterna, nominata tutrice dal Tribunale di Torino, di tenere “in ostaggio” il bambino in Italia. “Una vicenda triste”, il commento del presidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani.
Caso Durigon. “È l’ultima follia della destra. È apologia del fascismo, non lo possono fare. Ma siamo sempre noi vittime che dobbiamo protestare, gridare, denunciare. Gli altri dove sono? Gli italiani non dicono nulla? Vogliono che torni l’epoca più buia? Come si può pensare di intitolare qualcosa a Mussolini, c’è troppa indifferenza in giro. La gente dovrebbe scendere in piazza e protestare”, il commento della scrittrice e Testimone della Shoah Edith Bruck a La Stampa sul caso politico del momento, quello legato alla proposta del sottosegretario della Lega Claudio Durigon di dedicare un parco ad Arnaldo Mussolini, fratello di Benito. Una figura che – in linea con gli interrogativi di Bruck – Libero sceglie di difendere, ma che il Sole 24 Ore ricorda in maniera precisa, ricordando, tra le altre cose, la sua implicazione nell’omicidio Matteotti. Rispetto al caso Durigon, si rafforza la linea di chi chiede le sue dimissioni all’interno del governo, ma il leader della Lega lo difende (Stampa).
Daniel Reichel