Polonia, le leggi su Shoah e media
fanno infuriare Israele, Usa e Ue

Da Gerusalemme a Washington, la politica internazionale si mobilita contro due nuove leggi volute dal partito sovranista polacco Diritto e Giustizia (PiS) e considerate come l’ennesimo passo verso una Polonia autoritaria. Una reprime la libertà di stampa, colpendo in particolar modo la TVN24, rete indipendente di proprietà dell’americana Discovery. La seconda chiude di fatto la possibilità alle vittime della Shoah e ai loro discendenti di ottenere la restituzione o i risarcimenti per i beni espropriati dai nazisti nella Polonia occupata e successivamente dal regime comunista. La condanna da Israele non si è fatta attendere. Il ministro degli Esteri Yair Lapid, ha dichiarato che la legge “danneggia sia la memoria dell’Olocausto che i diritti delle sue vittime”, come riporta il Giornale. Il Segretario di Stato Usa Blinken si è detto preoccupato per l’atteggiamento “di un parlamento che restringe severamente il processo per i sopravvissuti all’Olocausto e le loro famiglie. Mi auguro che il presidente polacco Duda deferisca il disegno di legge alla corte costituzionale”. Questa norma, scrive invece Repubblica, fa parte “di un disegno di riscrittura della Shoah come martirio prima polacco e poi ebraico da parte del presidente Andrzej Duda: impone un limite di 30 anni per le richieste di risarcimento o restituzione di immobili o altri beni confiscati dagli occupanti nazisti nella Seconda guerra mondiale e poi finiti dopo il 1945 in mano alla dittatura comunista, che non riconobbe mai il diritto automatico degli ebrei al rimborso. E 30 anni vuol dire che il tempo è scaduto”. Al quotidiano l’ex dissidente e membro della Comunità ebraica Konstanty Gebert – intervistato sul caso da Pagine Ebraiche – evidenzia come la Polonia, con queste leggi, sembra destinata a diventare un “paese senza amici, a parte Orbán, Erdogan, la Cina e chi sa forse un domani Putin”. Anche l’Europa, evidenzia La Stampa, si è mobilitata contro Varsavia. E per il Foglio la Polonia di Diritto e Giustizia “sempre più illiberale e meno atlantista” diventa anche più vulnerabile.

Pandemia. In Italia si continua a discutere sui Green pass, ma intanto si affaccia la possibilità di una terza dose per alcune fasce di popolazione. Negli Stati Uniti, la Fda l’ha approvato – con Pfizer e Moderna – per i soggetti immunodepressi. Israele ma anche in Francia, Regno Unito e Germania, hanno dato il via libera alla nuova somministrazione, sottolinea Repubblica. Al quotidiano Stefania Salmaso, dell’Associazione italiana di epidemiologia, chiarisce un punto: l’immunità di gregge non si raggiungerà. Perché questa “si ottiene quando chi non è vaccinato non si ammala, perché la gran parte della popolazione ha la copertura e non fa circolare l’agente infettivo. È successo con la polio e con altre malattie, come il vaiolo o anche il morbillo (che però per il calo delle coperture ha provocato alcuni cluster negli anni scorsi). Ecco, con il coronavirus non si può ambire a questo obiettivo”. Troppe sono le variabili, spiega Salmaso.

Diplomazia israeliana a Rabat. Il ministro degli Esteri israeliano ha inaugurato ieri la rappresentanza diplomatica di Israele a Rabat, un simbolo della normalizzazione dei rapporti con il Marocco, arrivati sulla lunga onda degli Accordi di Abramo (tra Israele, Emirati e Bahrein). “Non è più la stagione dei boicottaggi, gli Accordi di Abramo hanno ribaltato la conversazione. – l’analisi del Foglio – C’è sì della convenienza nella ripresa di queste relazioni, come hanno sottolineato i più scettici, ma i rapporti economici, culturali, di sicurezza sono al momento la maggior sicurezza di pace nell’area. Nessuno rinuncia alla propria causa – il re marocchino Muhammad VI, accogliendo Lapid ha chiesto che vengano ripresi i negoziati con i palestinesi, ha ricevuto un invito da parte del nuovo presidente israeliano Isaac Herzog e probabilmente non perderà l’occasione per parlarne – ma è cambiato il lessico, è cambiato il codice con cui le battaglie di ciascuno vengono portate avanti. Tutti i rapporti, infatti hanno retto, nonostante la prima grande sfida che si è presentata a maggio con il rinnovo del conflitto tra Hamas e Israele”.

Intitolazioni di troppo. Continua il pressing di una parte della maggioranza perché il sottosegretario della Claudio Durigon si dimetta. “Il sottosegretario della Lega, che voleva depennare Falcone e Borsellino dalle insegne del parco di Latina per intitolarlo al fratello di Mussolini, è sempre più in bilico”, scrive il Corriere, spiegando che la mozione di sfiducia in parlamento contro di lui potrebbe passare. Il leader della Lega Salvini lo ha difeso, ma potrebbe essere Draghi a chiedere il passo indietro a Durigon. Intanto, a proposito di intitolazioni e polemiche, il Venerdì di Repubblica ritorna sulla decisione di Alessandria di dedicare una via ad Almirante. E richiama la lettera inviata dai presidenti di UCEI e Comunità ebraica di Torino, Noemi Di Segni e Dario Disegni. “Non possiamo dimenticare che nel 1947 Almirante fu condannato per collaborazionismo con le truppe naziste. Non possiamo dimenticare quanto scritto da lui su La Difesa della Razza. Vita, scelte, valori e azioni di Almirante non sono stati né durante il fascismo, né durante la Repubblica, testimonianza di sviluppo e progresso civile, necessari per una società degna di questo nome”. Il settimanale sottolinea come la decisione definitiva sull’intitolazione spetti ora alla giunta di centrodestra guidata dal leghista Gianfranco Cuttica di Revigliasco.

Il futuro di Eitan. Ancora sui quotidiani si parla della questione dell’affidamento di Eitan, l’unico sopravvissuto all’incidente del Mottarone (Stampa, Fatto). E del suo futuro tra Italia e Israele.

Daniel Reichel