Per un paese meno inquinato
Nelle scorse settimane il governo israeliano ha adottato un piano che prevede una significativa riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2050; con questo piano Israele ottempera al Trattato internazionale firmato a Parigi nel 2015 da 196 paesi che punta a contenere il surriscaldamento globale. Secondo alcuni studi, Israele è più esposta di altri paesi agli effetti del riscaldamento globale a causa della sua posizione geografica, Sulla carta il piano è ambizioso ma è stato oggetto di numerose critiche da parte delle associazioni ambientaliste israeliane. Il piano è articolato per settore economico e per ognuno di questi fissa degli obiettivi specifici: nel settore dei rifiuti solidi urbani, entro il 2030 le quantità gettate in discarica si dovranno ridurre del 70% rispetto ai livelli attuali. Nel campo dei trasporti gli obiettivi sono altrettanto
ambiziosi: nel 2030 le autovetture immatricolate dovranno emettere il 5% (un ventesimo) di ossido di carbonio rispetto alle vetture immatricolate nel 2020; dal 2026 tutti i nuovi autobus per il trasporto urbano dovranno essere elettrici (attualmente ce ne sono solo 80 in circolazione). Infine, nel 2026 le emissioni originate dalla produzione di elettricità e dall’industria dovranno ridursi del 30%.
Nonostante l’apparente serietà del piano esso è stato subissato di critiche, di tre tipi. In primo luogo Israele è uno dei pochi paesi che non si è dato l’obiettivo di azzerare completamente le emissioni nette nel 2050, ma solo di ridurle. In secondo luogo il Governo non ha stanziato fondi per finanziare gli obiettivi del piano: come è noto, la riduzione delle emissioni inquinanti richiede da un lato una riconversione di numerosi settori dell’economia (industrie inquinanti, settori ad alto consumo di energia, etc.), dall’altro comporta una tassazione dei combustibili fossili (carburanti, gas per uso domestico) che penalizza i ceti meno abbienti e richiede sussidi alle famiglie. Senza fondi, affermano gli ambientalisti, il Piano non ha speranza di essere attuato. In terzo luogo, il Piano non ha forma di Legge approvata dal Parlamento, che vincolerebbe il Governo e lo esporrebbe a una chiamata in giudizio per inadempienza, ma è solo una Risoluzione, ossia un intendimento non vincolante. Quale giudizio si può dare di questo piano? La scarsa determinazione dimostrata dal Governo nella lotta al riscaldamento climatico è in parte spiegata dalla constatazione, molto realistica, che il paese è molto indietro rispetto agli altri paesi sviluppati e che quindi non sarebbe credibile darsi obiettivi più ambiziosi: ricordiamo che Israele ha un sistema di trasporto arcaico, incentrato sul trasporto su gomma e con una rete ferroviaria del tutto inadeguata, anche perché si è iniziato a costruirla con un ritardo di decenni. Anche sul fronte dei rifiuti urbani Israele è molto indietro rispetto all’Europa; la raccolta differenziata è iniziata da pochi anni ed è ancora marginale.
Aviram Levy, economista, Pagine Ebraiche Agosto 2021