“Vittoria talebana supera confini afgani, fomenta il terrore islamista nel mondo”
I disperati tentativi di fuga dall’aeroporto di Kabul, immortalati con immagini e video drammatici, sono la dimostrazione più evidente che le prime e principali vittime del ritorno al potere dei talebani in Afghanistan sono e saranno gli afgani stessi. Un dato ovvio, ma che in queste ore costituisce la premessa di tutte le analisi sul significato della vittoria talebana dopo il ritiro delle forze americane e alleate. Ad esempio, lo ricorda Ron Ben-Yishai, analista militare di Yedioth Ahronoth, sottolineando come il dominio talebano si caratterizzi per due elementi: il fanatismo religioso e la crudeltà verso chi non obbedisce alle loro regole. A farne le spese, scrive Ben-Yishai, saranno “quei cittadini che durante la presenza americana si sono abituati all’apertura e alla cultura occidentale”. Ma soprattutto a fare le spese del ritorno dei talebani saranno le donne: “sarà loro vietato lasciare casa, dovranno indossare il burqa che le coprirà dalla testa ai piedi, saranno costrette a vedere il mondo nuovamente attraverso piccole sbarre di stoffa. Ai cittadini afgani, presumibilmente, sarà vietato ascoltare musica in pubblico, e in alcuni luoghi sarà anche vietato l’uso del cellulare. La famosa lapidazione dei talebani tornerà probabilmente in scena”. Previsioni, quelle di Ben-Yishai, condivise dalla maggior parte delle analisi presenti sulla stampa israeliana e internazionale. Analisi che si soffermano anche sull’effetto che avrà sul mondo la vittoria talebana e il fallimentare e costoso tentativo Usa – in 20 anni di presenza – di costruire un’alternativa democratica per l’Afghanistan. “L’immagine degli Stati Uniti come potenza è stata danneggiata e ci si aspetta che i talebani e al-Qaeda celebrino la loro vittoria sulla potenza mondiale, che presenteranno in termini di conquista islamico-religiosa. – scrive ad esempio l’esperto israeliano di terrorismo Yoram Schweitzer – È probabile che anche altre organizzazioni estremiste trarranno lezioni da questi sviluppi. Tuttavia non è ancora chiaro quanto l’attuale fallimento si tradurrà nel tempo in un problema strategico globale”.
Il primo tragico effetto è la grande fuga in corso dall’Afghanistan, con una nuova emergenza rifugiati che tocca le vicine Iran, Tagikistan, ma presto potrebbe coinvolgere anche l’Europa. “Un secondo impatto che avrà l’occupazione talebana dell’Afghanistan – evidenzia Ben-Yishai così come Schweitzer – sarà incoraggiare i movimenti estremisti islamisti di tutto il mondo, dall’Isis alle sue organizzazioni affiliate, fino a Hamas e agli iraniani”. Per l’analista di Yedioth Ahronoth, queste realtà pensano ora di avere in mano la prova che il tempo e il fanatismo religioso giocherà alla fine a loro favore.
Il generale di brigata Yossi Kuperwasser, ricercatore presso il Jerusalem Center for Public and State Affairs, ha spiegato al sito israeliano Globes che la velocità del crollo del governo afgano e dell’esercito messo in piedi dagli americani, con i suoi 300.000 soldati con equipaggiamento avanzato, di fronte alle forze talebane, è preoccupante per molti aspetti. “Dimostra quanto privo di radici culturali e politiche sia stato il tentativo americano di inculcare negli afghani una visione liberale del mondo e quanto errato fosse questo approccio in primo luogo. – l’analisi di Kuperwasser – un’ulteriore prova della difficoltà dell’Occidente in generale, e dell’intelligence americana in particolare, nel comprendere il mondo islamico”.
Analisi simile la propone Anshel Pfeffer, giornalista di Haaretz, che però allarga l’orizzonte anche ad altri paesi.
“L’America non ha abbandonato i suoi alleati. Sarebbe grossolanamente ingiusto caratterizzare un investimento ventennale di circa 2.400 vite statunitensi e quasi un trilione di dollari in quel modo. Semplicemente non può aiutarli se sono incapaci di aiutare se stessi. – scrive Pfeffer – Gli Stati Uniti non possono aggiustare uno stato fallito. Per Israele, che è circondato da due stati falliti in Libano e Siria, e altri due che potrebbero essere rapidamente sull’orlo del fallimento come Egitto e Giordania, questa è una conclusione che fa riflettere”.
dr