Machshevet Israel
Itzchaq Cardoso

Raramente gli storici del pensiero ebraico si ricordano di annoverare Itzchaq (Fernando) Cardoso nei propri manuali. Nato ‘marrano’ in Spagna nel 1603 ca e morto ‘ebreo’ nel ghetto di Verona nel 1683, fu secondo i parametri del XVII secolo ‘uno scienziato’ che visse esercitando la professione medica e scrisse di filosofia in una summa eclettica intitolata Philosophia libera [il cui contenuto era sostanzialmente di ‘filosofia naturale’] dove intese raccogliere il meglio delle diverse scuole sapienziali del mondo antico, specie ellenistico, citando pure Filone, Giuseppe Flavio e persino i padri della chiesa. Nell’ultima parte della sua vita si occupò molto di ebraismo e stese un’importante opera apologetica dal titolo Las excelencias de los Hebreos, scritta nella città scaligera ma pubblicata ad Amsterdam nel 1679.
All’epoca il pensiero ebraico non poteva non essere apologetico, come mostrano opere coeve come il Discorso circa il stato degl’Hebrei, del 1638, di Simone Luzzatto, teso a provare che gli ‘hebrei’ potevano tornare utili alla serenissima repubblica; come le Prevenciones Divinas contra la vana idolatria de las gentes, scritte da Itzchaq (Balthazar) Orobio de Castro, di origine portoghese ma dal profilo intellettuale e professionale assai simile a quello di Cardoso; come il Vindiciae judaeorum, scritto nel 1656 da Menashe ben Israel (Manoel Dias Soreiro), in difesa degli ebrei espulsi dall’Inghilterra da Cromwell. Il filone apologetico, iniziato dal Kuzari di Yehuda HaLevi nel XI secolo, raggiunse il suo culmine nel 1783 con il Jerusalem di Moses Mendelssohn, a sua volta vòlto a sostenere che gli ebrei sono e saranno sempre leali cittadini del regno e/o della repubblica che li ospita, perché disinteressati alle dispute teologiche (che avevano infiammato proprio il secolo di Cardoso e Spinoza) e sono dediti soltanto a osservare ‘leggi rivelate’ ispirate a valori universali.
A togliere Itzchaq Cardoso dall’oblio, mostrando la complessità storica, religiosa e politica della condizione marrana, contribuì in modo determinante cinquant’anni fa esatti lo storico newyorkese, di origini ashkenazite ma appassionato di cultura sefardita, Yosef Hayim Yerushalmi (1932-2009) con una biografia, tradotta vent’anni dopo in italiano con il titolo Dalla corte al ghetto (Garzanti 1991; org. ingl. 1971), che ricostruisce in dettaglio non solo il percorso formativo e professionale del Cardoso da Villadolid a Madrid e parimenti la di lui ‘fuga’ a Verona con relativo ritorno in seno all’ebraismo, ma anche le posizioni filosofiche (esposte nella predetta opera Philosophia libera, stampata a Venezia nel 1673) e le dispute teologiche che lo videro in conflitto con suo fratello Abraham (Miguel), nel frattempo divenuto un seguace dell’eresia messianica di Shabbetaj Zevi e Nathan di Gaza. “Nelle Excelencias – scrive Yerushalmi – il Cardoso si batte in difesa non solo della legge orale ma di tutto l’ebraismo, impegnandosi nella confutazione sistematica di quasi tutte le accuse mosse contro gli ebrei, senza esservi spinto da circostante particolari (come nel caso di Menashe e di Luzzatto). Esse costituiscono un appello fiero e appassionato al mondo intero affinché sia fatta giustizia a Israele e alla sua fede, appello reso più intenso e convincente dall’esperienza degli anni trascorsi in mezzo ai gentili” [ossia ai cristiani, da marrano]. Se nella Philosophia libera il Cardoso volle inserirsi, senza originalità, nel dibattito filosofico del suo tempo (il secolo di Decartes, Pascal, Spinoza, Newton, Leibniz…), nelle Excelencias offre invece molti argomenti forti di pensiero ebraico che non hanno perso la loro attualità, sullo sfondo ad esempio di alcune polemiche con il mondo cristiano, contro molte calunnie irrazionali e in difesa della tradizione rabbinica.
Anche il suo deciso atteggiamento anti-qabbalistico si mostra tipico di molto pensiero ebraico squisitamente ‘italiano’, per così dire. Già prima di stigmatizzare come demente l’adesione al sabbatianesimo del fratello, proprio nella sua summa filosofica del 1673 Itzchaq Cardoso non era stato tenero verso i cultori della mistica ebraica: “Esistono tre categorie di stupidi e di folli, che non so se vadano derisi o compatiti: gli alchimisti, gli astrologi e i qabbalisti. In un modo o nell’altro, ciascuno è dissennato nel proprio ambito: l’alchimista nell’ambito degli elementi, l’astrologo nell’ambito delle realtà celesti, il qabbalista nell’ambito degli angeli e delle intelligenze superiori… ciascuno delira ostinatamente e assurdamente”. Il giudizio di Yerushalmi è che, sebbene l’opera non possa dirsi originale nei contenuti e mostri scarsa familiarità con le fonti primarie in ebraico e aramaico, tuttavia “le Excelencias sono un capolavoro dell’apologetica ebraica grazie ai molti elementi che Cardoso fuse in quel suo crogiuolo d’identificazione profonda con le sofferenze del suo popolo, grazie alla sua eloquenza e al suo immenso sdegno nei confronti dei torturatori di Israele”. Sembra quasi abbia trascorso la propria gioventù in una yeshivà italiana piuttosto che in un’università spagnola… afferma lo storico (e se in ciò vi sia dell’ironia, lascio a chi legge decidere).

Massimo Giuliani, Università di Trento