Un G20 su profughi, diritti e terrorismo

La crisi afghana e i suoi molteplici effetti richiedono un intervento congiunto delle principali potenze mondiali. Per questo il governo italiano sta lavorando per organizzare una riunione straordinaria del G20 su profughi, diritti e terrorismo. “La cooperazione è necessaria per due obiettivi: accoglienza e sicurezza”, le parole del Presidente del Consiglio Draghi. È al G20, l’analisi di Repubblica, che “si può e si deve giungere a un impegno che leghi non solo le forze di un Occidente uscito malconcio dalla ventennale missione in Afghanistan, ma anche e soprattutto quei Paesi come Cina, Russia, Arabia Saudita, Turchia che hanno interessi e influenza sull’autoproclamato Stato islamico”. Da una parte, evidenzia il quotidiano, l’esigenza è di “affrontare la possibile imponente ondata migratoria nella quale c’è il rischio che si annidino terroristi”, – per questo si pensa di finanziare centri di accoglienza in Pakistan e in altri paesi limitrofi, oltre che nella solita Turchia – dall’altra intervenire per tutelare i diritti degli afghani, con particolare attenzione alle donne.

Resistere ai talebani. Non è durato molto il tentativo talebano di presentarsi come meno repressivo di un tempo. Il regime islamista ha annunciato che in Afghanistan: “Non ci sarà nessuna democrazia”. E a Jalalabad è intervenuto sparando sui manifestanti che sfilavano con la bandiera afghana, uccidendone alcuni. “Il pugno dei talebani”, titola Repubblica, mentre il corrispondete del Corriere ricorda come i jihadisti abbiano sì promesso la riconciliazione nazionale, “ma dalle regioni che ormai presidiano da anni giungono le descrizioni crudeli delle loro azioni contro chiunque cerchi di ribellarsi”. Entrambi i quotidiani raccontano poi di come nella vallata del Panshir si stia organizzando la resistenza armata guidata da Ahmad Massoud, e l’ex ministro della Difesa Bismillah Mohammadi, e l’ex vicepresidente Amirullah Saleh. “Le loro milizie stanno riprendendo il controllo delle province di Parvan e Kapisa. – racconta Lorenzo Cremonesi del Corriere – Sono zone ricche di diamanti e lapislazzuli, ma soprattutto delle ‘terre rare’ a cui mirano le compagnie cinesi dell’high tech. Tutto lascia credere che lo scontro sia imminente, riavviando la spirale della guerra civile”.

Donne in pericolo. “Siamo preoccupati per le donne afghane, i loro diritti all’istruzione, al lavoro e alla libertà di movimento. Chiediamo a chi occupa posizioni di potere e autorità di garantire la loro protezione”. È l’incipit di una dichiarazione firmata dall’Unione europea e altri 19 Paesi, tra cui Stati Uniti e Gran Bretagna. Una delle priorità della crisi afghana, come si scrive da giorni, è la tutela delle donne. Molti gli appelli a riguardo, tra cui quello del premio Nobel per la Pace Malala Yousafzai (Repubblica). L’Ue intanto ha sollecitato i Paesi membri a “rafforzare i loro impegni su reinsediamenti, per aumentare le quote e aiutare quanti hanno bisogno di protezione internazionale, offrendo percorsi legali complementari” (Corriere). “Non dovete credere ai fondamentalisti. Appena vi volterete faranno di noi ciò che vogliono” avverte da Kabul l’attivista Maryam Sadaat, intervistata da Repubblica.

Conseguenze afghane. Tante le analisi ancora oggi sugli errori commessi dagli Usa di Biden nel ritiro dall’Afghanistan e sulle conseguenze che avranno sul mondo. In particolare Ian Bremmer sul Corriere individua quattro errori: militari e di intelligence, di coordinamento, di pianificazione e di comunicazione. E aggiunge, “L’Afghanistan diventerà nuovamente il porto sicuro del terrorismo internazionale, o perché i talebani spalancheranno le porte alle organizzazioni estremiste oppure, più probabilmente, perché non saranno in grado di controllare fino in fondo i loro territori”. Di errori americani, di vincitori e vinti parla Lucio Caracciolo su Repubblica, che guarda a chi ora vuole influenzare il destino dell’Afghanistan, tra cui Turchia, Iran, Cina, Russia, India, Pakistan. Paesi che vogliono usare l’Afghanistan per aumentare la propria influenza, ma che dovranno comunque fare i conti con i vari gruppi jihadisti.

Nel resto del Medio Oriente. Tra gli effetti del ritiro Usa, secondo l’analista Harold Rhode, intervistato dal Giornale, ci sarà una minor fiducia da parte degli alleati mediorientali – “gli Emirati, i Sauditi, l’Egitto, Israele” – nelle capacità di Washington di intervenire in caso di necessità. A proposito d’Israele, Fabio Nicolucci (Mattino) scrive che “è l’unica potenza regionale che non sarà toccata dal riaprirsi del vaso di Pandora afghano”. E che quindi nel breve periodo non deve preoccuparsi. Di diverso avviso il Foglio che, in un editoriale, arriva a parlare di un “apparato di sicurezza israeliano” che sarebbe addirittura “ossessionato dalle immagini di evacuazione dagli aeroporti (afghani) e basa il suo lavoro su un precetto assoluto: non finire mai in quelle condizioni”. Un’ossessione di cui non si trova traccia sui media israeliani, che invece riportano di due visite importanti per il Premier Bennett: la prossima settimana alla Casa Bianca, e presto – dopo l’invito di al-Sisi di queste ore – in Egitto. A proposito di incontri internazionali, continuano ad arrivare appelli contro la partecipazione dell’Italia alla Conferenza di Durban. Oggi ne riparla, con una lettera firmata da Barbara Pontecorvo, il Foglio.

Pandemia. La terza dose del vaccino Pfizer, ad una settimana o oltre dell’inoculazione, mostra una efficacia contro il virus dell’86% tra gli over 60. Lo indicano i primi risultati di uno studio condotto dal Maccabi, la maggior cassa mutua di Israele dove oltre 1 milione di persone ha avuto il booster dopo la doppia immunizzazione (Messaggero). Dal prossimo mese anche Germania, Francia e Regno Unito offriranno questa possibilità, scrive Repubblica, mentre in Italia a riguardo non è ancora stata presa una decisione definitiva.

Fascismo in casa. “Un sottosegretario di Latina vorrebbe intitolare un parco al fratello del Duce. Un candidato sindaco in una grande città dichiara che lui non distingue filofascista e antifascista. Sono sbalordito, ma anche spaventato. Noi italiani dovremmo essere tutti antifascisti, perché abbiamo inventato il fascismo, l’abbiamo sperimentato in casa e l’abbiamo esportato fuori”, così lo scrittore Ferdinando Camon su La Stampa. Un editoriale in cui Camon auspica, come molti in queste settimane, le immediate dimissioni di Claudio Durigon (il sottosegretario della Lega che a Latina vorrebbe il parco Arnaldo Mussolini). Quest’ultimo, scrive il Fatto Quotidiano, nel frattempo è impegnato nelle amministrative romane, in particolare nel decidere le liste per la corsa in Campidoglio.

Daniel Reichel