Il razzismo da cancellare

Se bastasse cancellare una parola, per cancellare il reale!
Si è fatto un gran dibattere, a livelli supremi di intelletto, sull’utilità di cancellare dal vocabolario la parola ‘razza’. Di razza non si deve più parlare, perché facendolo, si argomenta, si ammette che esistano le razze, e quindi si alimenta la possibilità di distinguere fra razza e razza, e di decretare la superiorità di una razza sull’altra.
Dunque, se cancellando la parola ‘razza’ mi illudo di por fine al razzismo, allora cancellando la parola ‘morte’ cancello la morte, e cancellando la parola ‘odio’ impedisco alla gente di odiare, e cancellando la parola ‘genere’ impedisco a chiunque di fare distinzioni e discriminazioni fra i generi.
Purtroppo, e non occorre essere filosofi del linguaggio per saperlo, non è il linguaggio che crea la realtà (a parte nella fantascienza), ma è l’inverso: è la realtà che, alla ricerca di definizione, produce il linguaggio. Esistono le parole perché esistono i concetti che si vogliono esprimere, ed esistono i concetti perché esiste l’oggetto, il referente reale o pensato. Se fosse l’inverso, per il solo fatto che esiste la parola esisterebbe il ‘sarchiapone’ di beneamata memoria. Il miracolo dell’inverso, ossia la parola che crea la realtà, la si trova in assoluto soltanto nella Bibbia.
Quindi, il fatto che esista un significante (razza) che esprime un significato (il concetto che esistano razze diverse) non determina affatto l’esistenza in sé delle razze (vera o falsa che sia). La parola è solo una conseguenza del reale, non ne è la causa. Il linguaggio è sempre innocente. I colpevoli siamo noi che lo usiamo e lo manipoliamo e lo strumentalizziamo.
Se si intende cancellare il razzismo, allora, bisognerebbe partire dall’estremità del reale: (1.) provato scientificamente che le razze non esistono, (2.) cancellare dalle menti dell’umanità il concetto prodottosi ingannevolmente dell’esistenza delle razze e della supposta superiorità dell’una sull’altra, e infine (3.) tentare di abolire e far dimenticare il termine ‘razza’. Ma il secondo stadio, la modifica delle menti umane, è alquanto complicato. È come se si volesse provare a cancellare l’idea inculcataci nei secoli che l’uomo è fatto di anima e corpo, anche se dell’anima nessuno è mai riuscito a dimostrare l’esistenza o a mostrarcene una foto.
È la mente umana che avrebbe bisogno di una ripulita, non la costituzione italiana o il Devoto-Oli. Se anche si abolisse l’uso della parola ‘razza’, ci sarebbe sempre un modo di sostituirla con un altro termine affine, visto che rimarrebbero le differenze fra il bianco e il nero, il giallo e il mulatto, lo zingaro e l’ebreo, il cristiano e il musulmano, l’eterosessuale e l’omosessuale. È al pregiudizio sulle diversità che si dovrebbe porre fine, se volessimo ritenerci degni dell’umanità cui apparteniamo. Modificare il linguaggio senza modificare il reale è la ricerca di un palliativo non sapendo incidere concretamente sul reale. È la somministrazione del placebo al posto del vaccino.
Prima di cambiare il linguaggio, dunque, preoccupiamoci di come cambiare la realtà, magari con l’educazione al rispetto dell’altro, con la lotta convinta alle fake news che deformano l’immagine del prossimo per diffamarlo, con la censura e la condanna di quei personaggi che sulle differenze e sull’odio costruiscono la propria fortuna politica.

Dario Calimani