Il sionismo nel 2021

Riflessione sul sionismo in un giorno di agosto del 2021, prossimi al 5782. Inutile ricordare che il movimento di liberazione nazionale del popolo ebraico nasce nel 1897 con il 1° congresso sionista a Basilea, subito dopo il Risorgimento italiano. Herzl ispirato da Mazzini, quindi, intuisce il desiderio del popolo ebraico di diventare un popolo come gli altri. Con la lingua ebraica, la cultura, la religione ed il proprio destino comune, a fine Ottocento gli ebrei rivendicano il proprio diritto di autodeterminazione nazionale. Ben prima della Shoah. Cinquanta anni ci sono voluti per fondare ufficialmente Israele e nel 1948 David Ben Gurion realizza il sogno di Herzl.
Il sionismo religioso c’è sempre stato e ha un origine millenaria. 73 anni fa le due anime, laica e religiosa, dell’ebraismo si uniscono realizzando un sogno, che non è rimasto leggenda. I primi dieci, venti, trenta anni sono stati difficilissimi per il nuovo Stato che, suo malgrado, ha affrontato guerre di difesa per sopravvivere. Solo nel 1948 morì l’1% della popolazione per mantenere la propria indipendenza. In quegli anni Israele esportava pompelmi e poco altro, oggi è fra le prime start up nation al mondo ed esporta alta tecnologia ovunque. In tre generazioni, quindi, si è ben difesa ed è riuscita a conquistare i primi posti in ogni campo pensabile. Da circa seicentomila ebrei, passa a poco meno di nove milioni di abitanti, grazie all’Agenzia Ebraica che in giro per il mondo aiutava gli ebrei a raggiungere lo Stato ebraico appena nato.
Inutile negarlo, in quei tempi la diaspora era davvero il fiore all’occhiello del popolo ebraico. In ogni Nazione, europea e non, tanti erano gli intellettuali di origine ebraiche che si distinguevano con premi nobel di ogni genere, riconosciuti come parte dell’intellighenzia ovunque.
Erano quindi gli anni in cui si rivendicava una doppia importanza, del nuovo Stato d’Israele e della diaspora, vista come la culla della crescita intellettuale del proprio popolo.
Man mano che Israele si accreditava con le proprie eccellenze in molti campi, siamo arrivati in questi ultimi vent’anni in cui gli ebrei sparsi nel mondo non esprimono più quelle caratteristiche di una volta. Se è vero, come è vero, che la diaspora trascinava Israele, oggi è vero esattamente il contrario sotto ogni punto di vista, economico, finanziario, culturale e sociale. Un cambiamento epocale che ha stravolto l’esistenza del popolo ebraico e della propria geografia. Gli ebrei diasporici vivono ora un periodo di grande decadenza, di mancanza di valori e di programmi, una crisi di identità che fa parlare di sé più per il proprio passato che per il proprio futuro. E di questo ne dobbiamo prendere atto, farcene una ragione e capire o meglio rassegnarci, che il sionismo non solo ha raggiunto il suo scopo, ma ha superato ogni previsione, numerica e non solo. Sicuramente la metà più uno degli ebrei è in Israele e non più sparsa per il mondo, sicuramente cambiando la demografia ebraica. Si può dire qualunque cosa, ma non si possono negare i numeri e se la diaspora deve lottare contro l’assimilazione, l’estinzione, Israele lotta per i primi posti al mondo delle classifiche che lo fanno diventare un dei Paesi più in crescita.
Nessuno potrà sapere cosa sarà l’ebraismo e dove saranno gli ebrei fra cinquant’anni o cento, ma la generazione del millennium deve riconoscere che il futuro dell’ebraismo è Israele. L’aliyà, e quindi il sionismo, non più per fondare o difendere il proprio Paese, ma per sopravvivere come popolo e mantenersi tale conservando quella crescita culturale e non che ha superato ogni paragone. La diaspora rimarrà una bellissima e bruttissima pagina di questo straordinario popolo, che ha avuto valori eccellenti per secoli, ma che ha lasciato lo spazio per mettere le radici fisse a Gerusalemme, Tel Aviv, dal Golan ad Eilat. Il sionismo del 2021 quindi, non in difesa delle proprie origini e della propria storia, ma in prospettiva per il futuro del popolo ebraico che in Israele ha piantato i semi per raccogliere i frutti nelle generazioni successive. Un ebraismo quindi che vive e vivrà di propria luce e non più di una luce riflessa. Nel bene o nel male, saranno i nostri nipoti israeliani a dimostrarlo, quando i fratelli della diaspora continueranno a difendersi dall’assimilazione, dai matrimoni misti e dall’antisemitismo in aumento.

Dario Coen