Il Congresso di Basilea
Tra il 29 e il 31 agosto 1897 Basilea divenne la città testimone di uno degli eventi più importanti della moderna storia ebraica: circa duecento delegati – tra cui 17 donne, di 17 nazioni diverse – in rappresentanza di una settantina di organizzazioni, si riunirono presso lo Stadtcasino cittadino per dare vita al Primo Congresso Sionista.
Fu il giornalista Theodor Herzl a organizzare il convegno, ma l’idea di un progetto sionista per la creazione di uno stato che desse una patria a tutti gli ebrei non era nuova.
L’idea di un movimento sionista maturò lentamente: a differenza di quanto si possa pensare, quando il caso Dreyfus, che Herzl seguì con interesse, scoppiò in tutta la sua portata emotiva e razziale, le premesse per un progetto di Eretz Israel si erano già concretizzate. Alla fine del XIX secolo, nell’Austria asburgica, patria del giornalista ebreo, vivevano numerosi ebrei. Grazie alla politica illuminata di Maria Teresa d’Austria e del successore Giuseppe II, l’Impero asburgico aveva garantito una giustizia sociale senza eguali in Europa. Le varie confessioni religiose e il mosaico di popoli che componevano il principale regno del Vecchio continente godevano di eguali diritti, ma questa equità, dopo la metà del secolo, si stava pericolosamente incrinando.
Herzl stesso aveva individuato il seme del moderno antisemitismo che stava sconvolgendo la vita di milioni di ebrei in Europa negli studi dello scienziato tedesco Eugen Duerhing, che ebbero grande seguito alla fine del XIX secolo. Aveva inoltre subito sulla propria pelle la discriminazione razziale quando era stato escluso, per la sua appartenenza ebraica, dalle Burschenschaften, le confraternite universitarie viennesi.
Nel 1891 Karl Lueger aveva fondato il Partito cristiano sociale austriaco che faceva dell’antisemitismo una pietra miliare del suo statuto. Sette anni dopo, lo stesso Lueger divenne sindaco di Vienna. Accanto alla sua enorme popolarità, al suo senso estetico, alla trasformazione della capitale austriaca in una delle più belle e funzionali città d’Europa, Karl Lueger accompagnò la sua politica con un indirizzo razzista che fu di ispirazione a Hitler, che abitò a Vienna proprio durante la sua amministrazione.
Herzl seguiva anche con apprensione l’esclusione dalla vita politica e sociale boema delle comunità ebraiche, da sempre vicine alle collettività di lingua tedesche presenti nella regione e, in particolare, a Praga. Quando, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, i tedeschi residenti in Boemia abbracciarono l’arianesimo, gli ebrei si trovarono esclusi da loro e respinti dai cechi, offesi dal loro secolare filogermanesimo.
Theodor Herzl quindi fu testimone di un crescente nazionalismo tedesco all’interno dell’Impero asburgico e fu probabilmente questo aspetto, più che il caso Dreyfus, a convincerlo, nell’estate del 1895, che al popolo ebraico servisse una propria patria.
Il Congresso sarebbe dovuto servire proprio a questo scopo, ma a Basilea si giunse solo dopo che il progetto di Herzl fu bocciato prima da banchieri e filantropi ebrei, come il barone de Hirsch e la famiglia Rothschild a cui era stata fatta richiesta di finanziare una sorta di Commonwealth ebraico, e poi da politici e governi che non presero in seria considerazione l’appoggio verso la causa ebraica.
A posteriori forse la riluttanza con cui questi magnati della finanza e della politica accolsero il progetto di Herzl fu una delle cause per cui l’organizzazione che scaturì dal congresso di Basilea si rivestì di un carattere più popolare, liberale e democratico che andò poi ad influenzare una parte importante della nazione israeliana.
La città svizzera fu anche un ripiego dell’ultima ora perché la prima scelta, Monaco, città ricca di cultura e facilmente raggiungibile in ferrovia da qualsiasi parte d’Europa, fu bocciata per la forte opposizione delle associazioni ebraiche locali, timorose che la loro influenza potesse essere scalfita da un sentore di tradimento verso la Germania appena riunificata. La neutrale e piccola Basilea si trovò quindi inaspettatamente al centro dell’attenzione del mondo ebraico.
Sebbene gli ebrei fossero pochi, la città era ben servita dalla linea ferroviaria, aveva un ristorante kosher e una sinagoga, essenziali fattori logistici per accogliere anche i rappresentanti delle importanti organizzazioni ortodosse.
In verità gli ebrei svizzeri accolsero il Congresso con indifferenza in quanto, a differenza dei loro consanguinei europei, erano agiati economicamente e, soprattutto, vivevano in uno Stato in cui l’antisemitismo non era un problema come, ad esempio, lo era in Francia, Germania o nell’Europa dell’est.
Il primo congresso ebraico terminò con la fondazione dell’Organizzazione sionista mondiale e l’adozione del Programma di Basilea, il primo vero passo verso la fondazione di uno stato ebraico.
Il Programma, essenziale nei suoi principi, stabiliva che “Lo scopo del sionismo è quello di creare una casa in Eretz Israel per gli ebrei sotto tutela della legge e riconosciuto a livello internazionale”. Quattro furono i punti programmatici:
1. La formazione con mezzi appropriati dell’insediamento in Eretz-Israel di agricoltori, artigiani e produttori ebrei.
2. L’organizzazione e l’unificazione di tutti gli ebrei per mezzo di istituzioni, sia locali che internazionali, in conformità con le leggi di ciascun paese.
3. Il rafforzamento e la promozione del sentimento nazionale e della coscienza nazionale ebraica.
4. Passi preparatori per ottenere il consenso dei governi, ove necessario, per raggiungere gli obiettivi del sionismo.
Nel suo diario Herzl, che venne eletto presidente dell’Organizzazione sionista, scrisse che i partecipanti al Primo congresso ebraico vedevano se stessi come rappresentanti della prima Costituente che avrebbe portato alla creazione di un nuovo stato ebraico sulla Terra.
Tra le righe il giornalista austro-ungarico scrisse anche le famose parole che si riveleranno profetiche: “A Basilea ho fondato lo Stato ebraico. Quando lo dichiaro, la risposta universale è di derisione. Forse, tra 5 o al più tardi, tra 50 anni ognuno se ne renderà conto”.
Piergiorgio Pescali
Basilea ebraica
Gli abitanti di Basilea amano definire la propria città capitale culturale e musicale della Svizzera. Nonostante abbia solo duecentomila abitanti, la città offre ben quaranta musei, un’università frequentata da personaggi come Paracelso, Nietzsche, Jung, Karl Jasper, una decina di premi Nobel e una fiorente industria farmaceutica (qui è stata inventata la LSD).
Basilea vanta anche un’antica presenza ebraica risalente al XIII secolo.
Fu anche grazie agli ebrei, che prestarono il denaro al vescovo Heinrich von Thun, che questi riuscì a costruire il Mittlere Rheinbrücke, il primo ponte cittadino che collegava le due sponde del Reno che per secoli è stata l’unico ponte che univa il mercato dell’Europa del Nord con quello del Sud.
Un documento del 1242 attesta che gli ebrei residenti in città dovevano pagare una tassa annuale di 40 marchi alla corona, ma in cambio potevano commerciale liberamente, acquistare e vendere proprietà.
Come in molte città europee, la peste scoppiata nel XIV secolo segnò la fine della prima presenza ebrea a Basilea: nel 1349 accusati di aver sparso il morbo, una cinquantina di ebrei vennero rinchiusi in una gabbia di legno posta su un’isoletta sul Reno a cui venne dato fuoco.
La comunità ebraica ricominciò a popolare la città alla fine del XIV secolo (si stima che nel 1370 fossero circa 150 gli ebrei a Basilea su una popolazione di ottomila abitanti), ma la loro presenza fu di breve durata.
Nel 1397 le accuse di avvelenare le acque dei pozzi accompagnate dalle denunce di eresia da parte della Chiesa convinsero gli ebrei a lasciare Basilea.
Nei successivi quattro secoli, nella città furono presenti solo singole famiglie ebraiche a cui venne permessa una residenza temporanea. Gli ebrei vennero chiamati soprattutto per la loro abilità di stampatori: furono prodotte Bibbie in ebraico, salmi e addirittura un Talmud babilonese, anche dopo che papa Giulio III vietò la sua pubblicazione e diffusione nel 1553. Nell’Università di Basilea, la prima università svizzera e una delle più antiche al mondo, si insegnava l’ebraico.
Basilea era nel frattempo diventata un’importante città di passaggio obbligato lungo le rotte commerciali tra il sud e il nord Europa. Le autorità cittadine iniziarono non solo a far pagare dazi più pesanti ai commercianti ebrei, ma sull’onda del sentimento antiebraico che stava travolgendo l’Europa, imposero misure simboliche atte ad umiliare la comunità. Una di queste era la tassa dei dadi: ogni commerciante ebreo doveva portare con sé una discreta quantità di dadi da lasciare ai soldati e ai funzionari al passaggio delle frontiere o in osterie o alloggi come “punizione”.
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, a causa della persecuzione in Alsazia, Basilea ricominciò ad accettare gli ebrei. Sebbene nel 1866 che la Svizzera approvò una legge che garantiva libera residenza alla comunità nelle città della confederazione fu solo nel 1872 che Basilea garantì agli ebrei la piena cittadinanza svizzera.
In pochi anni la comunità rifiorì: nel 1868 fu consacrata la prima sinagoga e nel 1897 Basilea, ormai considerata città libera dai sentimenti antigiudaici che imperversavano in altre parti d’Europa, divenne la sede del Primo congresso sionista organizzato da Theodor Herzl.
Per la verità gli ebrei svizzeri guardavano al Congresso con indifferenza: erano integrati nella società, avevano piena cittadinanza e diritti. I pogrom antisemiti che sconvolgevano le società dell’Europa occidentale, della Germania e della Francia erano lontani e il processo Dreyfus era seguito con apprensione, sì, ma anche con la consapevolezza che in Svizzera non sarebbe mai potuto accadere una discriminazione simile.
La Federazione svizzera delle comunità israelitiche nacque il 27 novembre 1904.
Poi, però, arrivò il nazismo e Basilea si trovò a stretto contatto con un’ideologia che stava facendo proseliti anche in Svizzera. Il Fronte nazionale iniziava ad ingrossare le proprie file e l’antisemitismo cominciò, se non ad attecchire sul piano sociale, a far capolino tra i discorsi nelle birrerie e nei salotti.
Con le leggi antiebraiche iniziarono ad apparire in città sempre più ebrei rifugiatasi dalla Germania e, poco dopo, anche dalla Francia. Forse gli ebrei basileesi si resero conto di ciò che stava accadendo a pochi metri da loro quando in Svizzera arrivarono i primi grandi nomi della cultura tedesca, primo fra tutti Einstein.
Fu allora che gli ebrei svizzeri iniziarono ad appoggiare la formazione di uno Stato ebraico. Non che ci volessero andare ad abitare (nonostante le cose fossero cambiate, la situazione era pur sempre tranquilla e relativamente sicura), ma sapevano che la presenza di troppi ebrei nel Paese avrebbe alla fine alimentato sentimenti antisemiti.
Nel 1948 la Federazione svizzera delle comunità israelitiche fu una delle prime a congratularsi con il Consiglio nazionale ebraico per la fondazione dello Stato di Israele.
Oggi Basilea ospita una piccola comunità ebraica, ma l’impronta storica rimane nel piccolo Museo ebraico della Svizzera, inaugurato nel 1966 e primo museo ebraico in lingua tedesca aperto dopo la Seconda guerra mondiale.
P.P
(29 agosto 2021)