L’Afghanistan e la nostra preghiera
per la giustizia nel mondo

Negli ultimi tempi siamo stati spesso impegnati a discutere di maschili e di femminili, con riferimento a discriminazioni di genere. Siamo rimasti invece sorpresi di quanto velocemente i talebani abbiano riconquistato l’Afganistan e di come adesso si pongano problemi ben più sostanziali sulla tutela delle donne e dei loro diritti. Cosa c’è dietro questa confusione? Mi sembra di poter identificare tre fattori fondamentali, strettamente legati fra loro e compresenti: 1) l’illusione di poter raggiungere l’obiettivo perfezionando la situazione laddove questa è già, per così dire, buona. Il ragionamento è più o meno questo: limando il modo di esprimersi ed evitando distinzioni di genere perfino nel parlare, la discriminazione di genere sarà automaticamente eliminata. Che c’è di meglio, infatti, della corretta educazione per arrivare al fine? Anche ammesso che un simile ragionamento sia sincero, è ingenuo. Bene che vada, lo si può applicare a una società occidentale, e la società occidentale rappresenta una minoranza dell’umanità. In realtà, sospetto che il ragionamento non sia nemmeno sincero: riflette piuttosto una scelta comoda, quella di affrontare problemi facili anziché misurarsi con quelli difficili; 2) il mancato discernimento fra diversi livelli di importanza. Se tutto è massimamente importante il risultato pratico è che niente lo sia davvero. Se i valori non sono posti su una scala, si perde il riferimento, si perde la percezione dell’entità; 3) il disinteresse per ciò che succede lontano da noi. Al di là di slogan e frasi fatte, a chi davvero interessa l’Afganistan? Che più che un luogo geografico è forse una specie di luogo mitico dove narra la leggenda che si prendano bambine di 12 anni e si diano in sposa? Addirittura, in quel posto lontano e immaginario ci sono i telebani…sì, avete presente l’espressione “talebano” che tanto ci piace usare per riferirsi a qualcuno un po’ esagerato? Ecco lì, in quel luogo lontano, ci sono i talebani veri, quelli che esagerano in tutto…Drammaticamente quel posto non è immaginario. E non è poi nemmeno così lontano. Ce lo ricordano però solo il timore di nuove ondate di immigrazioni o peggio la paura di nuovo terrorismo. Non c’è empatia per la gente vera, in carne e ossa, uomini donne e bambini che dei talebani sono vittime quotidianamente. Abbaglio enorme pensare che sia un problema non-nostro. Abbaglio etico imperdonabile. Ma anche per coloro i quali mettono sempre le considerazioni di convenienza in primo piano, varrà la pena ricordare quanto dicono i nostri Maestri nei Pirqè Avot: Prega per la pace nel regno, perché se non fosse per il timore che il regno incute, gli uomini inghiottirebbero ciascuno il proprio prossimo (Avòt 3:2). Al mondo d’oggi ci piace definirci “villaggio globale”, e dire che “il mondo è tutto interconnesso”. L’ovvia conseguenza è che il mondo è come un unico regno. Si fa presto a essere “antimilitaristi”. Se non c’è un “regno” che sappia incutere timore, non c’è nessuno spazio per i bei discorsi. C’è spazio per i talebani. È opportuno concludere con una nota del commento “Tosefot Yom Tov” alla mishnà citata sopra: Si deve pregare per la pace de regno, non del re come persona. È il re insieme ai suoi consiglieri e ai suoi ministri, i quali guidano il mondo ed esercitano la giustizia sulla Terra. Preghiamo dunque perché la giustizia nel mondo sia esercitata effettivamente. E impegniamoci pure a fare qualcosa di pratico affinché ciò avvenga.

Rav Michael Ascoli

(31 agosto 2021)