L’Afghanistan e le memorie della Shoah
La testimonianza di Rossella Tedeschi

Il destino dei profughi afghani è al centro dell’attenzione dei governi europei. Mentre le notizie dal paese iniziano a scivolare via dalle prime pagine dei quotidiani italiani, rimangono aperte le riflessioni sul destino delle migliaia di persone in fuga da un Afghanistan tornato in mano ai talebani. Tra gli altri a scriverne è stata, in un contributo pubblicato su La Stampa, la senatrice a vita Liliana Segre. Riferendosi alle immagini delle donne che affidavano all’aeroporto di Kabul i propri figli ai soldati, Segre si chiedeva: “Cosa c’è di più tremendo di una scelta del genere? Cosa c’è di più incerto, doloroso, dilaniante, che mettere la vita di un figlio o di una figlia nelle mani di uno sconosciuto pur di salvarlo?”. Un’immagine che aveva riportato alla mente della Testimone della Shoah, “un fatto simile accaduto durante le deportazioni degli ebrei in Italia: La storia di Giuliana Tedeschi, torinese, ormai defunta, donna colta e molto in gamba che al momento dell’arresto nella sua bella casa torinese, mise le sue due figlie nelle mani della domestica, affidandogliele. Lei poi, miracolosamente, si salvò, riuscì a tornare dal campo di sterminio e ritrovò le sue bambine ormai cresciute e che stentavano a riconoscerla. La donna a cui le aveva affidate, le aveva effettivamente salvate”. Una delle due bambine di allora, Rossella Tedeschi Fubini, ha ricordato in queste ore la sua esperienza di scampata alla tragedia: “Io non ho ricordi diretti di quella notte dell’aprile del 1943, quando mia mamma e mio papà sono stati prelevati dalla nostra casa torinese per essere deportati nei campi di concentramento – racconta a La Stampa Tedeschi Fubini -. Quella notte la nostra domestica ha salvato me e mia sorella, e successivamente ci ha nascoste in diversi luoghi, tra cui un convento, fino alla fine della guerra. È stata una donna straordinaria che ci ha salvato la vita mettendo a rischio la sua”. Rispetto alla crisi afghana, la posizione di Tedeschi Fubini è che si tratta di una tragedia “che secondo me ha poco in comune” con la deportazione ebraica, “se non la sofferenza umana”. Poi, aggiunge, “ogni situazione va vista nel suo contesto ed è difficile creare sovrapposizioni, si rischia altrimenti di fare confusione”.