L’11 settembre e la pandemia dell’odio,
il G20 delle religioni nel nome
di Stefano Gaj Taché

L’11 settembre di 20 anni fa cambiava, per sempre, il mondo. Al tramonto di domani, alla conclusione del primo Shabbat del nuovo anno ebraico, alcuni tra i più importanti leader politici e religiosi insieme a personalità di spicco del mondo della cultura, dell’economia e dell’associazionismo, avvieranno una riflessione su vecchie e nuove sfide del confronto interreligioso anche alla luce della drammatica evoluzione della situazione afghana.
L’occasione sarà data dall’Interfaith Forum in programma a Bologna: tre intense giornate di confronto nel segno del G20 con presidenza italiana, cui questo appuntamento è intrecciato e di cui costituisce uno degli approfondimenti più significativi. Un vero e proprio G20 delle religioni che, negli auspici del professor Alberto Melloni che ne è l’anima, punta ad essere il perno di una riflessione su una pandemia ‘altra’ che non ha smesso di produrre effetti. Quella cioè “della guerra, della violenza e dell’educazione all’odio che matura anche da piccoli semi”.
Un impegno nel nome di Stefano Gaj Taché, ucciso ad appena due anni di vita nell’attentato palestinese al Tempio Maggiore di Roma del 9 ottobre 1982. “Un nostro bambino, un bambino italiano”, come disse il Capo dello Stato Sergio Mattarella nel giorno del suo insediamento. Parole che hanno aperto un nuovo orizzonte di consapevolezza su quei fatti e che risuoneranno nella fase inaugurale dell’Interfaith Forum. L’apertura dei lavori – anticipa Melloni – sarà infatti contraddistinta dalla presentazione di un progetto che vedrà la sua conclusione nel 2022, nel quarantesimo anniversario. Obiettivo di un gruppo di studio dedicato quello di arrivare a una catalogazione di tutti gli attentati avvenuti, da quella data ritenuta spartiacque in poi, nei luoghi di culto di tutto il pianeta. Quasi tremila gli episodi finora censiti. “Vorremmo dar vita a una sorta di Yad Vashem delle vittime, con ogni nome riportato”, spiega Melloni a Pagine Ebraiche. 
Il forum esordirà nell’area del chiostro della basilica di Santo Stefano dove il rabbino capo di Bologna rav Alberto Sermoneta reciterà prima l’havdalah, la preghiera che si pronuncia al termine dello Shabbat, e poi un izkhor in memoria del piccolo Stefano. Sarà poi la volta del biblista Haim Baharier. Il preludio alla successiva presentazione del progetto, che sarà introdotto alla platea da Alessia Passarelli della Fondazione per le scienze religiose di Bologna. Grandi ospiti animeranno le giornate della conferenza, a partire dal Presidente del Parlamento europeo David Sassoli e dal Primo ministro italiano Mario Draghi. Numerosi gli esponenti dell’esecutivo coinvolti. È poi atteso, tra gli altri, un messaggio del Presidente Mattarella.
Forte la partecipazione del mondo ebraico: tra i protagonisti della sessione inaugurale il presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder, mentre quella di chiusura vedrà un intervento del rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni. Tra i relatori dell’Interfaith Forum anche la presidente UCEI Noemi Di Segni, l’ambasciatore d’Israele in Italia Dror Eydar, la ministra israeliana dell’Istruzione Yifat Shasha-Biton, il rabbino capo di Russia Berel Lazar, il rabbino David Rosen dell’American Jewish Committeee, Barbara Pontecorvo presidente dell’Osservatorio Solomon.
Durante la conferenza stampa di presentazione del forum, avvenuta negli scorsi giorni presso l’Associazione della Stampa Estera, il rav Di Segni ha ricordato come anche “questo secolo e millennio” siano iniziati “sotto la triste bandiera dei conflitti religiosi”. Uno scenario da affrontare consapevolmente e “sgombrando il campo da ogni retorica e celebrazione”.
Lo spirito che caratterizzerà l’iniziativa bolognese. 

(10 settembre 2021)