L’identità in Diaspora

Sulle ultime vicende che hanno riguardato il piccolo Eitan, unico superstite della tragedia della funivia del Mottarone, lascerei adesso che la giustizia e la diplomazia facciano il suo corso. Augurando che presto anche le due famiglie possano trovare un’intesa e un punto d’incontro, soprattutto per il bene dello stesso Eitan.
Con questa premessa, mi colpisce comunque che in seno a questi avvenimenti il rischio paventato da alcuni dei protagonisti coinvolti, come si legge sui principali quotidiani, sia che “l’identità ebraica sarebbe gradualmente cancellata restando in Italia”.
È d’abitudine ritenere che fare l’Aliyah e trasferirsi in Israele significhi in automatico preservare la propria identità ebraica, anche sotto il profilo religioso. Ed in gran parte è sicuramente così, perché risiedere in Israele corrisponde a vivere in un mondo a stretto contatto con l’ebraismo, e quindi tra le molte cose, aver l’opportunità di seguire senza difficoltà una dieta kasher e la possibilità di santificare le feste senza il bisogno per esempio di assentarsi da scuola o da lavoro. Eppure però non mancano neppure in Israele giovani o adulti che si trasferiscono ugualmente all’estero, che contraggono matrimoni misti o che seguono poco o affatto le tradizioni religiose. Per esempio un articolo del Times of Israel raccontava due anni fa che gli ebrei israeliani i quali avrebbero preso parte al digiuno durante lo Yom Kippur erano il 60% – rispetto al 73% del 1994 -. Sono numeri comunque alti se si confontano ai sempre più bassi tassi di osservanza religiosa nell’Europa continentale, e resta comunque fuor di dubbio che vivere in Israele ed in Galut non sia “ebraisticamente” comparabile. Forse bisognerebbe comprendere meglio però di quale identità ebraica si parli quando ad essa si fa riferimento.
In un certo senso nella diaspora è possibile vivere un’identità ebraica soprattutto dal punto di vista religioso, un ebreo che si considera “laico” o per lo più sotto un profilo “culturale” più difficilmente riuscirà a trasmettere questa eredità ai posteri, questa sarà vissuta spesso come un qualcosa di puramente personale. Mentre in Israele è concepibile preservare un’identità ebraica anche senza essere per forza osservanti, e l’osservanza potrà essere recuperata in caso abbastanza facilmente nelle generazioni successive.
La nascita d’Israele ha poi rinforzato anche negli ebrei della Galut la propria identità, come una sorta di collante. Se questo evento non fosse mai accaduto nella storia probabilmente avremmo davanti a noi un mondo ebraico più diviso e assimilato. Per alcuni inoltre questa identità più che mantenuta viva dall’osservanza religiosa è legata proprio alla vicinanza con Israele e alle vicende che lo coinvolgono.
Qualunque forma abbia preso infine il proprio ebraismo, da oltre duemila anni vi sono famiglie che con mille difficoltà l’hanno preservato e trasmesso sino ad oggi. Indipendentemente dal luogo, ed in Italia non meno di altrove.

Francesco Moises Bassano

(17 settembre 2021)