Una falsa identità digitale

Quante delle poche cose buone nate o cresciute a causa della pandemia sono destinate a restare e in quante si tornerà invece esattamente come prima? Purtroppo sono numerosi i segnali poco incoraggianti: il traffico appare più caotico che mai, nonostante la diffusione dello smart working; a scuola sono tornate tante rigidità che credevo fossero destinate a sciogliersi poco a poco, dall’obbligo dei temi in classe e scritti a mano alle interrogazioni a cui tutti sono tenuti ad assistere anche se sono già stati interrogati su quell’argomento e sono andati benissimo; a Torino la disposizione più paritaria degli spazi nel bet hakeneset dei primi tempi dopo la riapertura nella primavera del 2020 è stata abbandonata e le donne sono state rispedite ai margini o nel matroneo (con la sola parziale eccezione, l’anno scorso e ieri, di Neilà di Kippur per coloro che hanno scelto di collocarsi nella struttura esterna, una tenda temporanea che sicuramente non ci sarà più quando cesserà l’emergenza).
Un altro ambito in cui questi due anni sembrano non essere mai esistiti sono, a quanto mi risulta, le discussioni sul crocifisso in classe. Eppure in questo caso porre il problema nei termini in cui era posto due anni fa è semplicemente impossibile. Mi pare infatti che né la sentenza della Cassazione né ciò che è stato detto in seguito abbiano preso in considerazione il fatto che ormai una classe non è più un’aula, un luogo fisico circoscritto, ma può diventare da un momento all’altro una finestra sul mondo, con una telecamera pronta ad accendersi per permettere la partecipazione alla lezione anche di eventuali allievi in quarantena; e una lezione trasmessa in video può essere facilmente registrata e ritrasmessa. E dunque insegnanti e allievi ebrei, musulmani, atei, ecc. rischiano non solo di essere visti ma anche videoregistrati e ritrasmessi con alle spalle o a fianco un forte simbolo religioso a loro estraneo, cosa che francamente mi sembra una prevaricazione piuttosto grave. E se, come dice la sentenza, al crocifisso fossero affiancati i simboli di altre religioni anche insegnanti e allievi cattolici potrebbero avere lo stesso problema. Si parla tanto di tutela dell’identità digitale, ma in questo caso c’è il rischio più che concreto di imporre a una persona una falsa identità digitale che qualora si producesse sarebbe sostanzialmente incancellabile, perché l’immagine potrebbe girare per anni e anni, magari del tutto decontestualizzata. Confesso che l’idea mi spaventa moltissimo, anche se per fortuna in questo momento nella mia scuola i crocifissi non ci sono (ma non si sa mai cosa può capitare). Certo, gli allievi potrebbero (non lecito ma non impossibile) fotografarmi mentre faccio lezione e ritoccare artificialmente la mia immagine aggiungendomi le corna, la barba, un naso da clown o chissà cos’altro. Ma sarebbe, appunto, illecito, mentre la registrazione di una lezione in classe è una cosa perfettamente legale e in certe situazioni può diventare addirittura doverosa. Naturalmente si può risolvere il problema facendo moltissima attenzione alle inquadrature e a posizionare i simboli religiosi in modo opportuno, ma è evidente che sarebbe molto più semplice se non ci fossero per nulla, se non per tutte le ragioni che andiamo elencando da decenni almeno per la tutela dell’identità digitale di allievi e insegnanti.
Capisco il desiderio di tornare come prima: è il desiderio di recuperare, almeno simbolicamente, una quotidianità che ci è stata sottratta troppo bruscamente. Ma tornare come prima non è sempre possibile e in molti casi non è neppure auspicabile.

Anna Segre

(17 settembre 2021)