Due ebrei fiorentini

Qualche giorno fa la città di Firenze ha dedicato un giardino posto nel quartiere di Santa Croce alla memoria di Alberto Nirenstein e di Wanda Lattes. Erano due ebrei fiorentini, molto amati dalla città, o perlomeno dalla sua parte migliore, come si è visto dalla notevole partecipazione alla cerimonia di inaugurazione. Ricordare che erano due ebrei e che erano due fiorentini non permette di cogliere quella che era la loro caratteristica essenziale: proprio quella di essere due ebrei fiorentini, dove i due termini sono inscindibili e non possono essere ricordati separatamente. La loro ebraicità e la loro fiorentinità erano perfettamente fuse e non era pensabile l’una senza l’altra. Si potrà obiettare che Alberto Nirenstein era nato in Polonia e che il suo inserimento nella vita fiorentina è stato relativamente tardo; ma la sua unione con Wanda Lattes lo ha fiorentinizzato a fondo. Wanda Lattes era, poi, l’esempio, purtroppo in via di estinzione, di cosa significava la fiorentinità nei suoi aspetti migliori: arguzia, intelligenza, anticonformismo. Sono caratteristiche che hanno trasmesso alle loro tre figlie Fiamma, Susanna e Simona e che sono particolarmente evidente nella più nota delle tre: Fiamma Nirenstein è infatti oggi cittadina israeliana ma non appena apre bocca il suo accento fiorentino trabocca, in una forma non repressa, non aggiustata alle convenzioni nazional-televisive; e questo vale anche per le due sue sorelle.
Nella vita della città Wanda Lattes è stata più presente del marito, forse a causa del diverso carattere, delle diverse vicende prima del loro incontro e soprattutto per la sua professione di giornalista. Alberto Nirenstein pubblicò nel 1958, nei Saggi rossi di Einaudi, un libro che non ebbe la fortuna editoriale che meritava (“Ricorda cosa ti ha fatto Amalek”); forse il titolo così esplicitamente ebraico non lo rese immediatamente comprensibile a un vasto pubblico; o forse lo penalizzò la quasi contemporanea pubblicazione, nello stesso 1958, sempre con Einaudi, di “Se questo è un uomo” di Primo Levi, dopo che, come si sa, la prima edizione del 1947 con l‘editore De Silva era passata pressoché inosservata. Ricordo che fu proprio quel titolo che mi attirò e di averlo comprato appena uscito in una libreria, oggi scomparsa, in Via Ricasoli all’angolo con Piazza San Marco.
Aver dedicato a queste due figure, così diverse tra di loro eppure così unite, un giardino e non una strada è stata un’idea felicissima. Le strade di Firenze hanno tutte un loro nome storicamente consolidato e a Wanda e Alberto sarebbe toccato, eventualmente, un riferimento in qualche area periferica della città, dove i loro nomi non avrebbero detto niente a residenti di recente insediamento o di ancor più recente immigrazione. Il giardino di Borgo Allegri si trova invece in una delle zone più popolari di Firenze ed è frequentato da anziani e da ragazzi che nel quartiere di Santa Croce hanno le loro radici. Radici sempre più esili, purtroppo, ma che ancora resistono.

Valentino Baldacci

(23 settembre 2021)