Il nuovo libro di Fiamma Nirenstein
“Anche le vite ebraiche contano”
Più che un libro, una lettera che esprime stupore. Ma anche indignazione, angoscia, rabbia. “Ero arrabbiata – spiega l’autrice – mentre lo scrivevo di getto, circondata da un mucchio di fogli sparsi, con accanto i libri scritti da me e quelli di altri autori che come me si sono occupati di antisemitismo nel corso degli anni. Anni in cui l’antisemitismo sarebbe dovuto sparire, e invece è cresciuto e si è fatto esplicito…”.
È l’amara constatazione con cui si apre Jewish Lives Matter. Diritti umani e antisemitismo, l’ultimo saggio di Fiamma Nirenstein da oggi in libreria. Un titolo forte, ad effetto, che ricalca lo slogan impostosi su scala globale dopo l’orrendo omicidio di George Floyd e con la mobilitazione contro il razzismo che in tutto il mondo ha preso il via da allora.
Una iniziativa importante, necessaria. Ma ricca anche di zone oscure e spesso connotata, dice Nirenstein, da “un tratto antisemita che mostra delle serie falle nella scelta antirazzista stessa”. Ad esempio quando “compara la violenza della polizia a quello che chiama ‘il genocidio’ del popolo palestinese” o “collega la persecuzione dei neri all’esistenza di Israele, sentina di tutti i mali”. Accuse ridicole, ma che hanno finito per riverberarsi con effetti nefasti. Una delle tanti fonti di delegittimazione d’Israele. “La nuova fase storica dell’antisemitismo”, come la chiama Nirenstein. Un problema che avrebbe ormai superato ogni livello di guardia.
Sostiene la giornalista ed ex parlamentare: “L’antisemitismo oggi si esercita nei confronti di un popolo molto diverso da quello diasporico di un tempo. Non più un popolo remissivo come nel passato”. Il riferimento è ai veleni che in primavera hanno accompagnato le iniziative prese da Israele per proteggere i propri cittadini dopo l’incessante lancio di missili e ordigni mortali da Gaza. “Il nemico di Israele – riflette in Jewish Lives Matter – oggi corre non solo il rischio di autodistruggersi sulla strada dell’odio che lo divora, ma anche quello nuovo di essere sconfitto se Israele fosse costretto a difendersi fino in fondo”.
Le tensioni di appena pochi mesi fa hanno riproposto un tema antico: la difficoltà di molti, anche in Italia, a confrontarsi con il diritto di Israele ad esistere. “Come descrivere – si chiede Nirenstein – che cosa è una popolazione colpita ovunque dai missili se non lo si è mai vissuto? E se lo si è letto pochissimo sulla stampa internazionale che non ne parla volentieri? La notte salti giù dal letto tre, quattro volte, per correre verso i rifugi strappando in corsa i bambini dal sonno, verifichi freneticamente che le finestre siano chiuse, ti angosci per tua madre, tuo marito, i tuoi bambini perché sai che ce ne sono di quelli che non saranno abbastanza forti da resistere a un eventuale coinvolgimento diretto, come è di fatto accaduto, e che cadranno nella depressione o addirittura nella psicosi; rischi la vita, e lo sai, a ogni sirena, anche se fai lo spiritoso per scaramanzia…”.
Difficile farlo capire a chi non vuole ascoltare, facendosi condizionare da una propaganda dell’odio martellante e che fa leva sui peggiori istinti. “Nella cultura occidentale odierna – scrive ancora Nirenstein – l’antisemitismo più estremo, ovvero il desiderio di veder sparire gli ebrei dal mondo, trova le sue ragioni in un castello di menzogne costruite intorno alla figura dell’ebreo come oppressore. È il modo postmoderno di giustificare l’odio più antico. È la nuova versione dell’antisemitismo, che si arrampica fino all’identificazione dell’ebreo col “suprematista bianco”.
Ed è anche un sintomo, aggiunge la giornalista, “di una malattia cognitiva che rovescia il concetto di responsabilità e di colpa fino a definire razzista anche chi è dichiaratamente e politicamente antirazzista solo perché è bianco o, nel caso degli ebrei, israeliano”.
Si arriva così alla surreale accusa di apartheid, gridata anche in molte piazze italiane, verso un paese “che è un’evidentissima mescolanza di etnie, colori, lingue, storie, che riconosce tutti i diritti alle sue minoranze, che ha l’unico difetto di non volersi far divorare dai suoi nemici”. Combattere l’antisemitismo, fa capire Nirenstein, è una impresa sempre più gravosa.
Per invertire una tendenza comunque non ineluttabile la sua convinzione è che serva puntare con forza su “una presa di coscienza generale”, su un concetto “che accomuna tutti i fronti, quello di pace”. Un’arma preziosa a disposizione: la Pace di Abramo. Un’arma solida, si legge, “perché basata su interessi comuni e sul rispetto”. Un’idea soprattutto concreta, più forte “di quella ideologica e fittizia, violata già tante volte, proposta sempre come dottrina e non come realtà per cui lottare”.
(Jewish Lives Matter, editore Giuntina, 128 pagine, 10 euro – In libreria da oggi)
a.s twitter @asmulevichmoked
(7 ottobre 2021)