“7 ottobre 1943, non dimentichiamo”

Furono oltre duemila i Carabinieri romani arrestati dai nazisti il 7 ottobre del 1943. Paracadutisti e SS entrarono in azione con la collaborazione del maresciallo Rodolfo Graziani, che poche ore prima aveva firmato l’ordine di disarmo. Per molti di loro, circa 600, la deportazione fu fatale. Mentre per chi fece ritorno, dopo anni di sofferenze, non ci fu nemmeno il riconoscimento della qualifica di “prigioniero di guerra”.
Troppo ingombranti, per i nazisti, i membri dell’Arma. La fedeltà ai loro valori di umanità e solidarietà. Un intralcio alle mire persecutorie nei confronti degli ebrei di Roma sfociate nella drammatica alba del 16 ottobre.
La deportazione dei Carabinieri è passata spesso in silenzio. Una lacuna colmata solo in tempi recenti, grazie anche al contributo di figure come Piero Terracina che a lungo si sono battute in questa direzione. A ricordarla ormai tradizionalmente, ogni 7 ottobre, una cerimonia che si tiene presso la Scuola Allievi. Uno dei luoghi in cui quella barbarie andò a compiersi.
“Oggi – le parole pronunciate stamane dal comandante generale Teo Luzi – siamo qui per ricordare. È indispensabile non dimenticare perché i ricordi sono le nostre radici. Ricordare il passato è necessario per comprendere il passato e progettare il futuro”. Un eroismo dal quale imparare, sul quale porre le basi per “una società migliore”. Era ben chiaro, ha affermato la presidente UCEI Noemi Di Segni che ha accompagnato Luzi nella deposizione di una corona, “che i Carabinieri non sarebbero venuti meno al loro giuramento, al loro dovere di tutelare la popolazione civile, anche quella ebraica, di rispettare i valori più profondi, ancor prima di un ordine, sapendo che un ordine, una legge, un decreto, sono tali se assolvono alla loro essenziale funzione di tutela e di sicurezza, e non se emanati per legittimare un eccidio”. Tra i partecipanti la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, che ha dato lettura del salmo 130, il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia, delegazioni della Comunità romana e del Benè Berith.
Proprio il Benè Berith, nella persona del suo presidente Sandro Di Castro, ha conferito a Luzi, quale massimo rappresentante dell’Arma, il riconoscimento annuale della Menorah d’oro. L’ha fatto ricordando quanto l’ebraismo attribuisca un valore all’espressione di gratitudine verso chi si è speso nel segno del Bene.
Eroi molto spesso anonimi ma cui talvolta è stato possibile dare un nome. Come nel caso di Giuseppe Ippoliti, brigadiere originario di Sonnino che insieme alla moglie Teresa Zani salvò due sorelle ebree, Edith e Trude Fischhof. Proprio quest’oggi un discendente ha ricevuto a Latina, nel corso di una cerimonia cui è intervenuto anche l’ambasciatore israeliano Dror Eydar, gli attestati concernenti la loro iscrizione tra i “Giusti tra le Nazioni”.

(7 ottobre 2021)