Oltre il ghetto. Dentro&Fuori, appuntamento al Meis il 29 ottobre

Dal confinamento all’interno dei ghetti fino all’Emancipazione e i primi del Novecento. Circa quattrocento anni di storia ebraica italiana che saranno al centro della grande mostra del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara che aprirà i battenti il prossimo 29 ottobre. “Oltre il ghetto. Dentro&Fuori”, il titolo della terza grande esposizione del Meis curata da Andreina Contessa, Simonetta Della Seta, Carlotta Ferrara degli Uberti e Sharon Reichel e allestita dallo Studio GTRF Giovanni Tortelli Roberto Frassoni.
“Quello che si inaugura – spiega il Presidente del Meis Dario Disegni – è il terzo fondamentale tassello concepito dal MEIS, dedicato alla millenaria esperienza ebraica in Italia: nel dicembre del 2017 è stata infatti inaugurata ‘Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni’, curata da Anna Foa, Daniele Jalla e Giancarlo Lacerenza con prestiti provenienti dai più prestigiosi musei, archeologici e non solo, di tutto il mondo e nel 2019 è stata allestita ‘Il Rinascimento parla ebraico’ a cura di Giulio Busi e Silvana Greco all’interno della quale spiccavano opere firmate da Mantegna e Carpaccio. Due mostre temporanee di grande successo, ora condensate nel percorso permanente ‘Ebrei, una storia italiana’, che si arricchirà ulteriormente al termine di ‘Oltre il ghetto. Dentro&Fuori’. Un viaggio nel tempo reso possibile grazie ai musei, alle collezioni private e ai cimeli di famiglia che vengono prestati anno dopo anno al Museo e che esposti assieme raccontano più di duemila anni di storia”.
Il direttore del Meis, rav Amedeo Spagnoletto, ricorda come il ghetto “ha rappresentato per quasi tre secoli uno spazio angusto e ombroso, ma pur sempre corredato di simboliche finestre ora più ora meno aperte verso il mondo esterno, una relazione continua fra il ‘dentro’ e il ‘fuori’. Un filtro culturale e fisico che ha plasmato la vita ebraica a 360 gradi, agendo in profondità, dalla sfera sociale a quella familiare, modellando il lessico, rendendo più resistenti che altrove aspetti della vita religiosa, ma anche soffocando l’energia che in condizioni di libertà sarebbe fiorita più vigorosa in tante discipline. Questa mostra ci narra le letture complesse che di tale esperienza si possono offrire. I delicati rapporti fra le comunità ebraiche e il governo locale, ma anche le storie familiari, gli aneddoti e le tradizioni regionali, i fermenti culturali e artistici, che, nonostante tutto, sono pure fioriti in quella dimensione tanto ristretta”.
L’esposizione, che ripercorre i momenti cruciali della storia moderna visti dalla prospettiva dell’esperienza ebraica, viene costruita e raccontata attraverso materiali e opere eterogenee provenienti da tutta Italia e dall’estero, come l’imponente dipinto Ester al cospetto di Assuero di Sebastiano Ricci – prestito del Palazzo del Quirinale –, Interno della sinagoga di Livorno di Ulvi Liegi e il Ritratto di Giuseppe Garibaldi ad opera di Vittorio Corcos (entrambi provenienti dal Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno).
Ma peculiare di questo progetto espositivo è stata la volontà di integrare il percorso con oggetti che testimoniano la vita ebraica quotidiana, come la porta dell’Aron Ha-Qodesh, l’Armadio sacro dorato in legno intagliato, di una delle sinagoghe del ghetto di Torino che venne donato nel 1884 dalla Università Israelitica locale al Museo Civico di Torino, o le testimonianze di impegno personale, rappresentate per esempio dal baule della crocerossina Matilde Levi in Viterbo. Si snoda così il pensiero alla base della mostra e dell’intero Museo, che affianca a un rigoroso approccio storico e a un significativo riferimento all’arte, contributi di taglio sociologico, aprendo anche alla dimensione individuale e personalissima, che risuona ancora oggi di grande attualità.
Attraversando i secoli si arriva fino all’Unità d’Italia e alla Prima Guerra Mondiale, data conclusiva del periodo analizzato, restituendo un’immagine nitida degli snodi identitari vissuti dagli ebrei in Italia e in Europa, uscendo dal ghetto per partecipare attivamente e con convinzione alla Storia nazionale in tutti i suoi passaggi fondativi, prima di essere rinchiusi nuovamente – col fascismo – in un “dentro” di privazione di diritti e di orrore.