Un sistema da ripensare

Anche in questi giorni post elettorali avanzano sui social numerose rimostranze, sostenute da votanti di tutti gli schieramenti, per la mancanza del sistema panachage. Il metodo di votazione che dà all’elettore la facoltà di esprimere preferenze differenziate tra il voto per il contrassegno di lista e il voto per i candidati, scegliendo eventualmente uno o più candidati appartenenti a una lista diversa da sostituire o aggiungere a quelli della lista votata.
Va ricordato che il metodo vigente, di votare solo gli appartenenti a una sola lista, risale agli ideatori di un sistema che premia un bipolarismo, frutto del cambiamento avvenuto negli anni Novanta con le liste che mutarono il volto della classe dirigenziale ebraica romana: Ebrei per la pace (presentata con denominazioni diverse) e Per Israele. E tale strada poi fu replicata a livello nazionale. Allora il confronto assumeva toni vivaci e feroci e la mediazione non si raggiungeva per la forte contrapposizione. Prese piede questo metodo che premiasse una lista o un’altra. In modo da scoraggiare trasformismi e compromessi, con l’integrazione di più eletti provenienti da schieramenti diversi. Va considerato che in questo modo i leader dei due gruppi, che egemonizzavano il 75% del bacino elettorale, volevano scegliere una squadra compatta, unita e fedele per stravincere e governare senza inciampi. A danno, ovviamente, di realizzare il concetto di comunità. Penalizzando coloro che sostenevano idee e progetti non inquadrati nella militanza bipartitica. Con il risultato di aver prodotto nelle nuove leve una faziosità partitica lontana dai valori della nostra tradizione. Con un grave impatto nei processi cognitivi sulla complessità delle dinamiche ebraiche comprensibili al di là delle strumentalizzazioni e degli schieramenti. Ampliando le divisioni invece di ricomporle nel contesto di un sereno confronto di idee. La grave degenerazione prodotta si è protratta in questi ultimi decenni, dovuta anche alla mancanza di un sistema di controllo che dovrebbe garantire la tutela comunitaria dell’istituzione. Certo duole che il sistema elettorale vigente sia divenuta una prassi consolidata senza suscitare forti proteste. Non mancano certo nelle nostre comunità esperti del diritto per presentare una riforma del sistema elettorale degna della nostra massima istituzione. D’altronde il Kelsen, padre nobile della scienza normativa, sosteneva che la norma adottata rappresentava lo stato di sviluppo della società. Il colpo maldestro, realizzato da alcuni correligionari nostrani, aveva l’obiettivo, riuscito finora, di scimmiottare la politica italiana. Con il triste risultato che per istituzioni denominate Comunità e Unione di tale definizione rischia di rimanere solo la denominazione. Chissà se il tema affrontato in queste righe sarà tema di studio e revisione del nuovo Consiglio.

Jonatan Della Rocca

(21 ottobre 2021)