Mahzor Luzzatto venduto all’asta
La cultura ci guadagna

E così è stato venduto all’asta il famoso “Mahzor Luzzatto”, per la considerevole somma di 8.307.000 dollari americani. Intanto va detto che la casa d’aste Sotheby’s fa le cose proprio per bene. Chi volesse capire di cosa si tratta potrà leggere l’accuratissima scheda tecnica del volume, un vero capolavoro redatto da studiosi competenti. Questo fondamentale testo di preghiera era finito fra le mani di Samuel David Luzzatto, il bisnonno di mio nonno, che era particolarmente interessato fra l’altro allo sviluppo nei secoli della liturgia ebraica. Probabilmente lo utilizzò quando gli fu chiesto di curare la prefazione e l’edizione della prima stampa delle preghiere ebraiche di rito tedesco tradotte con testo a fronte in italiano. Era l’epoca delle patenti di tolleranza (in realtà qualche decennio dopo) e la traduzione del rituale era ritenuta fondamentale. Era anche il tempo in cui giovani studiosi ebrei di mezza Europa scoprivano nelle biblioteche testi e manoscritti perduti, e il mercato di questi volumi era una delle principali attività cui si dedicavano i sapienti della scienza del giudaismo, la Wissenschaft des Judentums. Se si studiano gli epistolari di Shadal (appunto Samuel David Luzzatto) oppure di Moritz Steinschneider o di Moisè Soave o di molti altri, per metà del tempo si scopre che questa era l’attività a cui si dedicavano. Lo facevano per arricchirsi? Ma neanche per idea (altrimenti io stesso e la mia famiglia saremmo ben più che benestanti; parliamo di otto milioni di dollari, accidenti. Invece il figlio di Shadal cedette qua e là la biblioteca del padre per pochi soldi). Questi testi li possedevano, li studiavano, spesso li pubblicavano in versione a stampa, e le compravendite facevano parte integrante del processo culturale di riscoperta critica delle fonti della tradizione ebraica. Un lavoro fondamentale, senza il quale sapremmo oggi infinitamente meno di quel che fu la produzione letteraria dell’ebraismo medievale.
Il collezionista di manoscritti ebraici del 2021 risponde a un’antropologia parzialmente diversa. Intanto è molto facoltoso. Non sempre – pur con le dovute e note eccezioni – è così colto da capire in profondità l’oggetto che sta acquistando e gestisce la compravendita seguendo non solo un interesse culturale (che comunque non manca) ma probabilmente anche dinamiche analoghe a quelle che governano il mercato dell’arte. Nel caso specifico del Mahzor Luzzatto, l’acquirente si trasforma (non so dire se volontariamente o meno) in un munifico benefattore della cultura. Spendendo quella cifra astronomica per un manoscritto di cui si sa letteralmente tutto, egli ha effettivamente contribuito al funzionamento per molti anni a venire di un’istituzione fondamentale dell’ebraismo europeo come la biblioteca dell’Alliance Israélite Universelle. Si tratta in tutti i casi di uno scambio virtuoso. Il collezionista è soddisfatto per aver implementato la sua raccolta e la biblioteca si trova improvvisamente dotata di una solida base finanziaria. La cultura nel suo complesso ci guadagna. Per questo trovo abbastanza insensata la lamentela di chi afferma che la Francia avrebbe “perso” il Mahzor Luzzatto. Intanto quel volume non è della Francia, ma culturalmente appartiene al mondo intero e – se proprio si vuole essere puntigliosi – all’ebraismo europeo. Ma in ogni caso nessuno ha perso nulla, perché quel manoscritto per fortuna sarà conservato bene da chi, a tempo debito, troverà il modo di ricollocarlo altrove, vendendolo o donandolo (speriamo) a qualche istituzione che lo potrà offrire in consultazione al pubblico.

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC