Shoah e Green Pass,
i limiti della vergogna

Non se ne può più, e i limiti della vergogna sono stati da tempo ampiamente superati.
Il caso agli onori della cronaca: il signor Gabriele Bazzaro, “pensionato, segretario nazionale della FAILMS (Federazione autonoma italiana lavoratori metalmeccanici siderurgici)”, “consigliere di Favaro Veneto, eletto nella lista della Lega”, propone e divulga un volantino con un braccio tatuato ad Auschwitz, commentato, abusivamente, da parole di Primo Levi.
Ora, forse gli ebrei non possono chiedere di diventare improvvisamente simpatici a tutti, ma la si deve smettere di sfruttare la nostra storia e le nostre tragedie a fini di squallida polemica politica. Ci rendiamo ben conto che non tutti abbiano studiato la storia, che molti programmi scolastici si siano per anni fermati alle soglie della Prima guerra mondiale, ma non ci vuole molto, per chi svolge attività di carattere politico o sindacale, ossia in seno alla società civile, a sapere che cosa sia stata la Shoah. Si potranno, in ogni caso, avviare corsi di recupero in Parlamento, alle Regioni, nei Comuni, presso i sindacati, presso le sedi di tutti i partiti. Quanto sta accadendo da diverso tempo a questa parte, in effetti, è vergognoso e inaccettabile, specie quando a muovere i bassi istinti della politica sono fini elettorali o la pura provocazione.
La Shoah è stata la tragedia che è stata, e crea un qualche imbarazzo doverlo ricordare. Sei milioni di persone che avevano la sola colpa di esistere, che non chiedevano terra o privilegi, che non avevano aperto controversie di sorta con gli stati o con le popolazioni con le quali convivevano, fucilate sui bordi di fosse comuni, massacrate in campi di sterminio, gassate in forni crematori, molte anche da vive. Sei milioni di persone, come me e come te, calunniate per anni con la studiata strategia retorica del fascismo (quello ‘che ha fatto anche cose buone’, e sono stufo di sentirmelo dire anche da qualche amico in voglia di provocazione intellettuale!) e del nazismo, rese nemiche agli occhi del paese e della gente al solo scopo di avviare fra l’indifferenza generale la ‘soluzione finale’ che ne cancellasse la presenza dalla faccia della terra. Milioni di persone che non occupavano abusivamente uno specifico suolo, ma tasselli di società rastrellati a uno a uno per tutta l’Europa.
Questa è la Shoah, e questa – con buona pace di tanti altri amici – è la sua unicità: niente di più, niente di meno e niente di diverso da questo. Non fu causata, né direttamente né indirettamente, da controversie territoriali o nazionalistiche o politiche – a meno che per ‘politiche’ non ci si riferisca al valore ‘politico’ della vita stessa. Inutile e demagogico tirar fuori a ogni piè sospinto le foibe e Stalin e il Ruanda per appiattirne il significato e l’immensità. Ogni tragedia è tragedia a sé, e ogni singola morte è tragedia in sé, ma gli stermini non si cancellano, non si compensano, non sminuiscono la propria gravità per un principio di contrappeso. E invece quando si parla di Shoah ci si sforza da più parti, e sempre più spesso, di banalizzarla e di sminuire la bestialità di quanto è avvenuto bilanciandola demagogicamente con qualsiasi altra tragedia, con qualsiasi altra guerra, con qualsiasi altra contesa. A volte persino negandola o negandone le dimensioni. La Shoah non è stata una contesa fra parti avverse. La Shoah ha avuto un carnefice da una parte e una vittima dall’altra, senza mezzi termini, senza attenuanti, senza cause e concause. A meno che non si riconoscano agli ebrei le colpe attribuite loro dal Sen. Elio Lannutti – 5 Stelle e ora Gruppo misto – (gli ebrei, potente lobby finanziaria, in complotto per il dominio del mondo, sulla base della velenosa tesi dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion) o non si concordi con la tesi del candidato sindaco del centro-destra di Roma, Enrico Michetti, per il quale di Shoah si parla di più perché gli ebrei sono banchieri e lobbisti. Sei milioni di banchieri e sei milioni di lobbisti. Mi chiedo che cosa si potrebbe affermare se, invece di ebrei, stessimo parlando di chi gestisce il potere appartenendo però ad altra religione, una a caso. Si riscontrerebbe mai una stura di generalizzazioni e stereotipi di spirito altrettanto razzista e antisemita?
Ora, non si può costringere nessuno a sentire, e non si può costringere nessuno a riconoscere, a ricordare e a rispettare, e non si può convertire nessuno allo spirito di umanità, se già la famiglia e la società non gliel’hanno trasmesso. Ma si può almeno chiedere quel minimo di pudore che si esprime nel silenzio. Smettiamola di parlare di Shoah, se parlarne conduce ai fenomeni vergognosi dei nostri giorni. Se parlarne significa strumentalizzare la tragedia e sfruttarne la realtà come se si trattasse di simboli vuoti e privi di significato. Il numero sul braccio dei deportati sterminati non è stato un adesivo appiccicato per gioco, ma un marchio a fuoco sul corpo di un uomo, di una donna, e di un milione e mezzo di bambini gassati e bruciati. È allora inconcepibile e vergognoso che a qualcuno, per quanto culturalmente sprovveduto, passi per la mente l’idea di proporre analogie fra le vittime della Shoah e un provvedimento sanitario come il Green Pass.
Ci si chiede se chi gioca impudicamente in questo modo con la storia si renda conto della propria abissale ignoranza. Ci si chiede di che coscienza umana e civile sia provvisto, che educazione gli sia stata impartita, come concepisca il rispetto per l’altro, e il rispetto per sé stesso. E il rispetto per le tragedie vere della storia, foibe comprese, se si vuole.
Non sarà certo così che mi avvicinerò al sentire dei no-vax o dei no-Green Pass. Così posso solo convincermi che la società civile sta da una parte e che, dall’altra parte, sta chi fa demagogia e strumentalizza menti e coscienze della gente per i fini della peggior politica, per aggregare attorno a sé le coscienze più ingenue e impreparate del paese.
Che l’oggi ci abbia portato a questo degrado del pensiero non lo si può credere, che il progresso, la cultura globale ci abbiano ridotto in queste condizioni di scadimento della coscienza umanitaria e civile è la sconfitta del progresso culturale di un intero paese.
L’antisemitismo è tornato assai tristemente di gran moda ai nostri giorni. Ne è uno spaventoso indicatore il fatto che oltre il 38% degli ebrei d’Europa stanno meditando di lasciare il continente. Ancora una volta.
Che l’Europa apra gli occhi e si confronti con gli spettri della propria civiltà. Che la politica – certa politica – faccia i conti con il proprio passato e con il proprio presente, e con l’adeguatezza dei propri rappresentanti. E che la scuola svolga il suo compito.

Dario Calimani