“Il candidato all’Eliseo Zemmour?
Nessun ebreo può sostenerlo”

Le istituzioni ebraiche di Francia speravano che Eric Zemmour non si sarebbe realmente candidato all’Eliseo. “Non una sola voce ebraica dovrebbe andare a favore del potenziale candidato Zemmour”, aveva dichiarato di recente Francis Kalifat, presidente del Crif (Conseil Représentatif des Institutions juives de France). La speranza era che questo polemista di estrema destra, ebreo ma con posizioni vicine al più violento antisemitismo francese, non facesse sul serio. E invece Zemmour è pronto a scendere nell’arena politica con un suo partito Vox Populi, che sarà presentato a metà novembre. I sondaggi lo danno al momento tra il 16 e il 18 per cento, in alcuni casi avanti a Marine Le Pen e al suo Rassemblement National che Zemmour vuole superare da destra.
Le posizioni estreme dell’ex opinionista di Le Figaro, oggi possibile candidato alla guida della Francia, stanno aprendo un grande dibattito nell’opinione pubblica d’oltralpe. Così come nel mondo ebraico.
Seguendo la linea della destra sovranista, Zemmour si dice contrario a qualsiasi tipo di immigrazione da Africa o Medio Oriente, arrivando a promuovere la teoria complottista della “sostituzione etnica”. Parla con scetticismo delle democrazie europee, non nasconde una nostalgia per il colonialismo, si esprime contro i diritti civili per gli omosessuali e la parità di genere per le donne. Non solo, in questi anni è riuscito a mettere nero su bianco vere e proprie offese alla storia: dal negare clamorosamente l’innocenza di Dreyfus, cancellando la matrice antisemita del celebre processo (all’Affare Dreyfus proprio in questi giorni peraltro è stato dedicato un museo a Médan inaugurato dal presidente Macron), a giustificare il collaborazionista Petain fino ad offendere le vittime degli attentati di Tolosa del 2012. Nel repertorio di Zemmour non manca nessuno degli attacchi più beceri e violenti proposti dalla destra più estrema.
Parlando in particolare dei tentativi di Zemmour di riabilitare Petain e la Francia di Vichy, il giornalista e scrittore Antoine Vitkine spiega sulle pagine di Le Monde che il suo scopo è “quello di far sentire l’estrema destra meno colpevole, di ripulire i nomi dei campioni del nazionalismo e di lavare via le accuse di tradimento, bugie, divisione e collaborazione che pendono su di essa. In questa prospettiva, la menzione della possibile colpevolezza di Alfred Dreyfus non è una coincidenza, fa parte di questa strategia formidabile e revisionista”. In un editoriale molto approfondito, Vitkine riflette su quello che definisce la Sindrome di Vichy dei francesi: ovvero un senso di colpa legato all’essere stati sconfitti dai nazisti nel 1940 e poi di non aver fermato le deportazione ebraiche come la retata di Vel’ d’Hiv. Secondo lo scrittore la Francia non ha ancora maturato una analisi profonda di questa sua storia e non è pronta a voltare pagina, senza per questo dimenticare. “Per affrontare il futuro, i francesi sentono confusamente che devono essere liberati dalla maledizione del 1940, la maledizione di Vichy, la maledizione di Drancy, di Gurs o di Pithiviers. – scrive Vitkine – Il fatto che sia un francese di origine ebraica a pretendere di liberarli da questa maledizione è tutt’altro che banale e, tutto sommato, tristemente logico. Il fatto che, pretendendo di liberarli dalla maledizione, Eric Zemmour declini la responsabilità di Vichy e neghi la sua complicità nel peggior crimine contro l’umanità del secolo scorso è insopportabile. È proprio perché pretende di sollevare i francesi dal senso di colpa che può, avendo rotto una serratura morale, difendere una visione reazionaria e xenofoba del mondo”. E proprio per questo le istituzioni ebraiche lo considerano profondamente pericoloso.