“Gli ebrei e il rapporto con la società,
una sfida profondamente attuale”

L’intervento del vicepresidente UCEI Giorgio Mortara in occasione dell’inaugurazione della mostra del Meis di Ferrara “Oltre il ghetto. Dentro&Fuori.

Porto il saluto di tutte le comunità italiane per le quali questa mostra ha un particolare rilievo essendo lo specchio di quanto avvenuto in ciascuna di esse, molto più numerose allora delle 21 che vi sono oggi.
Nella lingua ebraica non c’è il termine storia che viene tradotto con “toledot” che letteralmente significa “generazioni”. 
Non vi è dunque Storia se non attraverso ciò che una generazione riesce a tramandare alla successiva. In questo risiede l’imperativo morale di ricordare. Nella tradizione ebraica, la narrazione delle vicende del popolo d’Israele avviene, tramite il racconto degli eventi, accaduti ai singoli protagonisti di vicende e storie che, assommate, hanno la funzione di disegnare il quadro composito e complessivo della Storia.
La nostra sopravvivenza o resilienza ci consente oggi di narrare e condividere questo periodo storico non solo per conoscere il passato ma perché la sfida del rapporto con il mondo circostante è oggi più impegnativa che mai. Non siamo chiusi nei ghetti e godiamo di libertà affermate nella costituzione, ma non sono poche le voci che quel ghetto fisico o ideale lo vorrebbe ripristinare.
La missione dell’UCEI, assieme alla rete delle istituzioni ebraiche – tra cui certamente il MEIS – è proprio quella di arginare questi fenomeni di minaccia e odio attraverso la cultura e la conoscenza.
Permettetemi una considerazione personale.
Il periodo storico oggetto della presente mostra è a noi vicino e ho dei documenti e dei racconti trasmessi dai miei nonni e genitori che hanno vissuto in quegli anni e hanno preso parte attiva o hanno a volte purtroppo subito molte delle vicende illustrate nella mostra.
I vissuti delle mie famiglie di origine Mortara, Donati, Viterbo e Vivanti confermano l’identificazione della minoranza ebraica in Italia durante il risorgimento con il percorso di costituzione dello stato unitario: infatti ogni speranza di emancipazione poteva venire solo dai “novatori”. 
L’assimilazione degli ebrei italiani in questo periodo storico fu un’assimilazione ad un sistema di valori più che a un popolo, a una nazione fisicamente costituita come ha sottolineato la storica Francesca Sofia. 
Il ritrovarmi qui mi fa tornare alla mente l’inaugurazione il 20 dicembre 2011 del primo edificio del Meis che ha ospitato la prima mostra sui codici miniati ebraici organizzata da mia cugina Raffaella zl”. 
In quella occasione con grande emozione e partecipazione abbiamo assistito col presidente R. Gattegna all’accensione pubblica dei lumi di Hannukà da parte di rav L. Caro davanti all’ingresso del museo. 
Non posso terminare il mio discorso senza ricordare due persone, decedute lo scorso anno, che si sono prodigate a vario titolo, a partire dalla legge istitutiva del 2006, alla nascita e allo sviluppo del Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah: l’avvocato Renzo Gattegna per il quale stasera si celebra a Roma un Limud a 11 mesi dalla sua morte e Raffaella Mortara.
Che il loro ricordo sia di benedizione
Quindi grazie a tutti voi per essere qui ad attestare questa condivisione di impegno e per come da qui ci aiuterete a portarlo oltre e altrove.

Giorgio Mortara, vicepresidente UCEI