Nel nome di Renzo Gattegna

Una forza tranquilla, ma determinata e con una visione di largo respiro. Un uomo venuto con l’intento di dare, non certo di prendere. Un leader che ha molto da dire al nostro futuro e non solo al nostro passato. Tante voci e tanti racconti al limud svoltosi a Roma in memoria di Renzo Gattegna a un anno dalla sua scomparsa. In evidenza, nel corso di una serata ricca di sfumature, la vita, le scelte e l’appassionato impegno in campo ebraico che ha visto come tappa più alta di un percorso i dieci anni alla guida dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (2006-2016).
A fare gli onori di casa Bruno Sed, presidente del centro Pitigliani di Roma, che ha evidenziato quanto Gattegna, con il suo modo di agire rispettoso verso chiunque, abbia rappresentato un modello “di come ci si debba comportare”. E Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, che ha elogiato “la sua capacità di condividere, accogliere, indirizzare”, oltre “a un’innata capacità di gestire problemi complicati”.
Si è aperta poi la fase delle testimonianze, coordinata dall’ex presidente del Benè Berith Federico Ascarelli. Ad inaugurarla Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte costituzionale ed ex ministro di Grazia e Giustizia i cui primi contatti con Gattegna risalgono ai tempi del processo al criminale nazista Priebke. “È la Memoria che rende libere le persone. Un pensiero che ho condiviso con Renzo, una sorta di fratello maggiore. Fu lui – ha affermato – a spingermi a ricoprire la carica di presidente onorario della Fondazione Museo della Shoah”. Con Gattegna, l’attestazione di Flick, “ho sempre lavorato bene”. Merito anche del suo “carattere di gentiluomo, della sua sincerità e apertura al dialogo: mai l’ho sentito reagire aspramente contro nessuno”.
Una lezione di vita che ha molto da dire sul nostro futuro: è il pensiero espresso da Guido Vitale, direttore della redazione giornalistica UCEI, che ha ricordato quanto Gattegna abbia lasciato un segno indelebile impersonando in maniera ammirevole il ruolo di editore, quanto abbia creduto nella necessità di impegnarsi nel favorire la nascita di testate giornalistiche professionali e quanto decisivo sia stato il suo apporto per la nascita e lo sviluppo dei giornali che la redazione dell’Unione produce giorno dopo giorno. Un obiettivo chiaramente delineato: “Realizzare a pieno la vocazione di essere la casa di tutti gli ebrei italiani, un luogo in cui tutti possano sentirsi accolti”. Determinante, in questa impostazione, una capacità di ascolto e mediazione con l’esterno formidabile “visti i risultati, i migliori di sempre, nella difficile raccolta delle risorse economiche che sono essenziali per la sopravvivenza delle istituzioni ebraiche italiane”. Un leader giovane dentro e che ha investito sui giovani con i fatti e non con gli slogan, come attestano “i nove praticantati giornalistici compiuti sotto il suo impulso”. Tra i tanti resta indelebile l’incontro con il Rav Lord Jonathan Sacks nel quadro di un incontro chiesto a Pagine Ebraiche dallo stesso autorevole rabbino capo del Commonwealth. “Due persone che provenivano da esperienze molto diverse. Eppure – il ricordo di Vitale – si creò una straordinaria immediata intesa sulla quale si dovrà raccontare ancora tanto”.
“Un mandato di Presidente finisce, ma si è Maestri per sempre” la riflessione dell’attuale presidente UCEI Noemi Di Segni. La premessa a un annuncio: la decisione, presa dalla Giunta, di intitolare a Gattegna il diploma di laurea in studi ebraici. Di Segni si è soffermata su alcune coincidenze suggestive: come la concomitanza del limud con l’inaugurazione della terza grande mostra di un museo “fortemente voluto” come il Meis. Proprio al Meis, di cui era Consigliere, Gattegna partecipò per l’ultima volta a un’occasione pubblica: l’inaugurazione del precedente allestimento. “Una coincidenza da cui è possibile cogliere un lato luminoso”, ha detto Di Segni. Dall’impegno per la laicità delle istituzioni alla lotta all’antisemitismo, dalla difesa delle ragioni di Israele alle attività svolte per il Meridione ebraico: tanti fronti ripercorsi con alcune citazioni dal suo pensiero. Citazioni, ha concluso, “di cui continueremo a fare tesoro”.
Rav Roberto Della Rocca, direttore dell’area Cultura UCEI, ha esposto un antico insegnamento rabbinico “per la sua capacità di condensare l’aspetto tecnico della giurisprudenza con una visione comunitaria”. Argomento il Sinedrio e la sua disposizione a forma di semicerchio “perché tutti i suoi membri dovevano guardarsi negli occhi, andando a formare un’assemblea di volti e non una società anonima”. Anche il cerchio darebbe questa possibilità. Ma il semicerchio offre un’opzione in più: quella, ha spiegato il rav, di lasciare uno spazio aperto per il confronto con chi del Sinedrio non fa parte.
Nel Sinedrio ogni posto era assegnato rigidamente, ma se un giudice mancava si doveva scalare. “Anche Renzo – ha detto il rav – ha dimostrato che la posizione che occupiamo non è un privilegio fisso, ma deve adeguarsi alle circostanze secondo giustizia. Ha occupato diverse posizioni e, talvolta, per aver cambiato posizione ha pagato un caro prezzo”.
Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, si è invece ispirato alla Parashah di questo Sabato che tratta come argomento la sepoltura di Sara moglie di Abramo. Perché Abramo accetta di pagare per essa una cifra spropositata senza battere ciglio e invece, nella dialettica con Dio sul destino di Gomorra, si confronta caparbiamente per tentare di evitarne la distruzione? Perché nel primo caso si tratta di “una cosa personale”, mentre nel secondo entra in gioco il suo spirito di servizio “verso gli altri, il suo battersi per la giustizia”. Una determinazione nel cui solco si è mosso lo stesso Gattegna “dedicando tutto il suo tempo, all’infuori di lavoro e famiglia, alle nostre istituzioni”.
Dietro la sua forza tranquilla, ha ricordato il rav Di Segni, “c’erano sempre delle idee chiare”.