“Ambiente, l’hi-tech faccia la sua parte.
Le start-up israeliane siano protagoniste”

In queste ore ha preso il via a Glasgow l’annuale conferenza sul clima organizzata dall’ONU. Obiettivo primario, contrastare il cambiamento climatico ed evitarne – o almeno arginarne – gli effetti dannosi per il pianeta e l’umanità. Per farlo, sarà necessario trovare politiche comuni e condivise tra i diversi paesi presenti, ad esempio sul tema della riduzione delle emissioni. Un argomento molto sentito anche in Israele, rappresentata in Scozia dal Primo ministro Naftali Bennett. “Perché il mondo arrivi a zero emissioni entro il 2050, cambiare il nostro comportamento farà meno della metà del lavoro. L’altra metà verrà dalla tecnologia che deve ancora essere sviluppata. È qui che Israele deve fare da guida”, ha dichiarato lo stesso Bennett al Times, in un’intervista incentrata sul tema del clima e il possibile contributo d’Israele. Per il Premier sarà importante che la comunità hi-tech israeliana, colonna portante dell’economia del paese, sia maggiormente coinvolta nel dare risposte alla crisi climatica. Il problema, ha aggiunto, è che si tratta di un settore dove è complicato fare utili e quindi molti se ne tengono alla larga. Per questo la sua intenzione è di tagliare la burocrazia “con il machete” in modo che le startup green possano lavorare con le agenzie governative, i servizi pubblici e le autorità locali, che diventeranno poi anche i primi clienti. Unendo i finanziamenti governativi a quelli dei fondi di venture-capital si creerà un ecosistema favorevole anche per fare profitti.
Discorsi molto pragmatici e incentrati sul risvolto economico. Ma grande rilevanza ha anche il tema etico, come dimostra la lettera con cui Bennett è arrivato a Glasgow, firmata da 21 rabbini israeliani. Una lettera-appello in cui si evidenzia come la crisi climatica ha “un’influenza drammatica sulla vita dell’umanità in modi che sono molto più significativi di quanto appare: la fame, la sete, il significato della migrazione dal punto di vista umano e della sicurezza, le enormi implicazioni per la qualità della vita e per la nostra stessa esistenza”. “Non stiamo più parlando di una questione nel futuro, è già presente, è adesso”, scrivono i rabbini, esortando il governo israeliano a fare la sua parte. “Anche se il nostro paese è piccolo e la sua influenza (sul cambiamento climatico) è minore, il nostro coinvolgimento può essere molto significativo. Fatelo, naturalmente, con occhi aperti, e fate attenzione a non essere manipolati, – si legge nella lettera-appello – ma allo stesso tempo fatelo con prontezza e devozione per questa questione cruciale, da cui dipende il destino del mondo intero, e a cui sono rivolti gli occhi di molti sulla terra…’Poiché da Sion uscirà la Torah e la parola del Signore da Gerusalemme’”.