Diritti comparati

Il disegno di legge Zan, recante misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, è venuto meno per un voto procedurale, ed è un peccato, soprattutto perché sono davvero tanti (non certo io) a considerare che quel testo fosse privo di alternative. Per gli ebrei quella proposta legislativa è essenziale, perché si inserisce anche sulle norme emanate anche (se non soprattutto), a loro difesa, con esiti però non esaltanti.
Ventun anni addietro, la Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, si era già occupata delle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro. Quindi, le tendenze sessuali erano già state contemplate, ed erano state contemplate pure le eccezioni concernenti il versante religioso, nei seguenti considerandi:
23) In casi strettamente limitati una disparità di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata alla religione o alle convinzioni personali, a un handicap, all’età o alle tendenze sessuale costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, a condizione che la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato. Tali casi devono essere indicati nelle informazioni trasmesse dagli Stati membri alla Commissione.

(24) L’Unione europea, nella dichiarazione n. 11 sullo status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali allegata all’atto finale del trattato di Amsterdam, ha riconosciuto espressamente che rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri e inoltre, che rispetta lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali. In tale prospettiva, gli Stati membri possono mantenere o prevedere disposizioni specifiche sui requisiti professionali essenziali, legittimi e giustificati che possono essere imposti per svolgervi un’attività lavorativa.

Il paragrafo 2 dell’art. 4, dal canto suo, dispone che “2. Gli Stati membri possono mantenere nella legislazione nazionale in vigore alla data d’adozione della presente direttiva o prevedere in una futura legislazione che riprenda prassi nazionali vigenti alla data d’adozione della presente direttiva, disposizioni in virtù delle quali, nel caso di attività professionali di chiese o di altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, una differenza di trattamento basata sulla religione o sulle convinzioni personali non costituisca discriminazione laddove, per la natura di tali attività, o per il contesto in cui vengono espletate, la religione o le convinzioni personali rappresentino un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento dell’attività lavorativa, tenuto conto dell’etica dell’organizzazione. Tale differenza di trattamento si applica tenuto conto delle disposizioni e dei principi costituzionali degli Stati membri, nonché dei principi generali del diritto comunitario, e non può giustificare una discriminazione basata su altri motivi. A condizione che le sue disposizioni siano d’altra parte rispettate, la presente direttiva non pregiudica pertanto il diritto delle chiese o delle altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, e che agiscono in conformità delle disposizioni costituzionali e legislative nazionali, di esigere dalle persone che sono alle loro dipendenze un atteggiamento di buona fede e di lealtà nei confronti dell’etica dell’organizzazione”.

Perché nel d.d.l. Zan non si è fatto altrettanto? La risposta è semplice: perché non mi hanno chiamato, pur avendo fatto delle cure nei Paesi scandinavi contro il presenzialismo compulsivo, ancorché con risultati modestissimi. Sta di fatto che in una società in cui gli omosessuali subiscono spesso una situazione umiliante, si sarebbe dovuto fare di più e di meglio per attribuire loro una tutela conforme agli standard delle legislazioni più avanzate: ma il diritto comparato, non da oggi, è considerato soltanto un orpello culturale, e questo non è esaltante.

Emanuele Calò, giurista