Il fascismo sdoganato
Il Corriere della Sera del primo novembre aveva come articolo di fondo “La paura dell’eterno fascismo” di Ernesto Galli della Loggia, un magnum di champagne per Meloni e Salvini dopo un mese di cocenti delusioni.
Negli anni ho imparato che esiste più la casualità, che la programmazione, ma se l’articolo fosse stato nelle pagine culturali non avrebbe avuto lo stesso peso, e se a fianco avesse avuto un parere diverso, come Le Monde ha insegnato alla stampa mondiale, sarebbe stato più accettabile.
Il direttore Fontana è stato prono al suo prestigioso editorialista e Cairo il nostro unico editore puro era giustamente inconsapevole. Galli della Loggia ha sdoganato una visione aritmetica del fascismo non algebrica, come ben sa chi conosce la matematica.
Sono sicuro che non ci saranno polemiche a meno che la Repubblica, che ha pubblicato il libello “il Fascismo ha fatto anche cose buone”, non decida di rompere la pax aurea tra i quotidiani.
Ho letto e riletto l’articolo e mi sono arrovellato più volte per capirne la genesi, ma non sono riuscito a darmi una spiegazione e non voglio giudicarlo per evitare di essere etichettato come Judgemental come capita spesso alla mia generazione, che se non giudica cerca almeno di capire a mente fredda.
I movimenti di piazza No Vax che abbiamo visto nell’ultimo mese sono stati abili nel convergere lo scontento popolare dei precari, dei disoccupati e di chi ha perso tutto; l’assalto alla CGIL non è avvenuto perché via Veneto è più vicina a Piazza del Popolo mentre la Confindustria è all’Eur.
Il vero motivo è perché gli iscritti alla CGIL sono in maggioranza pensionati e chi ha ancora un posto di lavoro è protetto dal sindacato più forte e organizzato che esiste in Italia, mentre i precari e i disoccupati trovano protezione nelle organizzazioni di estrema destra che, anche se verranno sciolte, risorgeranno con un altro nome sempre di matrice fascista, illusi dal dogma “stavamo meglio quando stavamo peggio”.
L’unica ricetta possibile è aiutare chi ne ha bisogno, con adeguati strumenti di politica sociale. La disperazione è il brodo primordiale in cui si riproduce il malcontento, e forse chi si scaglia contro il reddito di cittadinanza o meglio di inclusione, ha tutto l’interesse a sviluppare questi movimenti di piazza che vanno curati e non ignorati.
Vittorio Ravà
(2 novembre 2021)