Le false cose buone del fascismo

A Ernesto Galli Della Loggia, secondo il quale dire che il fascismo abbia “fatto anche cose buone” sarebbe una lapalissiana verità, si possono consigliare le pagine attente e rigorose di Francesco Filippi, Mussolini ha fatto anche cose buone. A Della Loggia, e anche a qualche mio amico benevolmente ‘comprensivo’ nei riguardi del fascismo, vien fatto di chiedere quale sia il metro di giudizio con cui si debba valutare il contributo del fascismo alla storia. Da un lato le strade e i ponti, le bonifiche (un falso), le pensioni (un falso), il boom economico (un falso), la valorizzazione del ruolo della donna (un falso), la giustizia (lasciamo perdere!) e, dall’altro lato, lo scontro politico elevato a crimine, la discriminazione e le leggi razziali/razziste, la guerra a fianco di Hitler, un mezzo milione di morti, di cui (ininfluente, lo capiamo bene!) settemilacinquecento ebrei strappati alle loro case perché tutti – bambini compresi – banchieri, complottisti, usurai e sfruttatori del popolo.
Ma che cosa sta succedendo in Italia se anche un intellettuale – di destra, d’accordo, ma pur sempre un preteso intellettuale – si sforza di di proporci ‘le cose buone’, come a compensare l’immensità dei crimini?
È purtroppo chiara la strategia messa in atto da chi cerca le attenuanti per il fascismo di allora: si produce la nostalgia per le antiche e rinomate ‘cose buone’, si passa sotto silenzio la criminalità del regime, si inducono le menti ben disposte a pensare che quelle ‘cose buone’ si potrebbero fruttuosamente rivivere ai nostri tempi. L’estetica (falsa) del bene compensa la sostanza del male. E, ribadendo che il volto deforme e bruttino del fascismo di allora non è oggi riproponibile, che il fascismo non esiste più, insomma, se ne propone una faccia nuova e accettabile. Esattamente: quella della Meloni, di Forza Nuova, di Casa Pound. C’è nostalgia dell’uomo forte, del manganello e dell’olio di ricino. E non c’è nessuna intenzione di condannare, ancora una volta nella nostra storia, l’assalto ai sindacati. C’è voglia di discriminazioni e di guerra civile.
Non è immotivato pensare che certa politica e certi intellettuali stiano incoraggiando surrettiziamente la rinascita di una dittatura fascista. Le premesse ce le offrono i giornali, basta saper leggere, e neppure tanto fra le righe.
Noi, nel frattempo, raccogliamo tasselli, in attesa trepida che si completi il puzzle.
Almeno non ‘scenderemo nel gorgo muti’.

Dario Calimani