Mosè, parola alla musica
Mauthausen, circa 20 km. a est di Linz (Austria), fu sede di uno dei più grandi Lager del Reich nonché uno dei più brutali siti di sperimentazione dello sterminio attraverso il lavoro coatto.
Il Lager era dotato di quattro sub-Campi allestiti presso Gusen e oltre 50 sub-Campi; Mauthausen e Gusen furono liberati dalle truppe statunitensi il 5 maggio 1945.
Compositore e avvocato, Henryk Leszczyński nacque a Łódź nel 1923, durante l’occupazione tedesca la sua famiglia salvò molti ebrei; nel 1943 Henryk fu arrestato con sua madre, l’ostetrica Stanisława Leszczyńska (Nella foto con Henryk), insieme alla sorella Sylwia e al fratello Stanisław.
La madre Stanisława e la sorella furono deportate ad Auschwitz; Henryk fu trasferito con il fratello a Mauthausen e in seguito a Gusen, ivi scrisse nel 1944 diversi pezzi tra i quali la ninna nanna Kolysanka oświęcinska (testo di Maria Czarnocka), dedicata a sua madre rimasta ad Auschwitz.
Nel Lager, Stanisława assistette 3.000 partorienti; non solo le aiutò nel parto ma numerose volte difese a testa alta puerpere e neonati da Joseph Mengele con i suoi famigerati esperimenti medici.
Liberato nel 1945, Leszczyński lavorò come pianista presso il Teatro Polacco del DP Camp di Hasenhecke, nel 1962 assunse l’insegnamento presso la Scuola Statale di Musica di Łódź; da citare tra le sue opere balletti, pezzi pianistici e sinfonici, lavori per la radio e la televisione.
È in corso il processo di beatificazione di sua madre Stanisława da parte della Chiesa Cattolica; a lei è stata dedicata la piazzetta antistante il Museo degli ebrei polacchi POLYN di Varsavia.
Un mistero tuttavia circondava la morte di Henryk, non possedevo aggiornamenti in merito; per questo e altre ricerche musicali su Varsavia, Treblinka, Cracovia e Auschwitz, lo scorso settembre l’Istituto Polacco di Cultura a Roma organizzò un lungo viaggio di ricerca in Polonia.
Con Magda Widlak-Avolio, responsabile dell’Istituto Polacco della capitale, poco lontano da Varsavia raggiunsi finalmente Maria Stachurska (foto), nipote di Henryk Leszczyński nonché regista e documentarista (ha recentemente pubblicato un suo documentario su Stanisława Leszczyńska).
Maria mi consegnò altre opere musicali scritte da suo zio Henryk a Gusen e dopo la liberazione; soprattutto, chiarì circostanze e dinamiche della morte di Henryk a Łódź nel 2009.
Un giorno Henryk, già 86enne, iniziò a correre trafelato verso il tram che era in procinto di partire; attraversò di corsa la strada presumibilmente senza guardare, un’auto lo falciò in pieno.
Henryk era sopravvissuto 60 anni prima a uno dei più terribili Lager per andare a schiantarsi sull’asfalto a causa di una macchina guidata da una conducente che – come si scoprì nel processo – era intenta a parlare al cellulare e non si avvide dell’anziano che le stava tagliando la strada.
Recentemente ho avuto accesso a rari documenti fonografici ricchi di musica creata nei Lager ed eseguita dai sopravvissuti; ascoltarli cantare tocca il cuore anche a chi lavora da decenni su simili materiali, il loro canto interrotto dal pianto è l’impronta umana sulla pietra della Storia.
Occorre prestare loro ascolto; in rigoroso silenzio.
Viene da pensare al finale del secondo atto dell’opera Moshe und Aaron di Arnold Schönberg quando Mosè stramazza al suolo cantando: “O tu parola, parola che mi manca!” [O Wort, du Wort, das mir fehlt!]; Schönberg realizzò l’impossibilità esistenziale di proseguire la stesura dell’opera che infine rimase senza musica nel terzo atto.
Nel 1932, anno di creazione del Moshe und Aaron, Schönberg spinse i confini del suo linguaggio musicale a un punto tale da scontrarsi con il silenzio assoluto; ancora oggi, negli allestimenti dell’opera, è uso leggere il solo testo del terzo atto (il pianista e direttore d’orchestra ungherese Zoltán Kocsis completò il terzo atto usando frammenti e cellule del materiale musicale dell’opera).
La musica prodotta in prigionia e deportazione è il reale, monumentale terzo atto del Moshe und Aaron; Mosè si è ripreso le sue parole grazie alle musiche che provengono da quei luoghi assurdi e lunari creati dall’uomo sulla Terra.
Nella Kolysanka oświęcinska di Henryk Leszczyński è scritto: “I sogni sono andati via come una tormenta; per chi è oggi questo canto?”.
È per noi tutti, ascoltiamolo; in rigoroso silenzio.
Francesco Lotoro