Oltremare – Partenze

Ho visto un uomo piangere. A dire il vero era un omone, largo e compatto, età apparente fra i 35 e i 40 anni, con i capelli scuri e fitti tagliati a spazzola sulla testa tonda tonda, e, sotto la mascherina, il pizzetto. Aveva l’aria sudamericana ancor prima che aprisse bocca e parlasse con la sua compagna o moglie e comunque madre del loro figlio di circa tre anni, anche lui con la testa tondissima e i capelli a spazzola neri come il carbone, le braccia incrociate sul petto e due occhi arrabbiatissimi sopra alla bocca tutta arricciata in un “con te non ci parlo più” assolutamente universale.
L’uomo piangeva lacrime vere, che gli rotolavano sulle guance e lui se le asciugava senza nessun imbarazzo o vergogna, con un gesto che sembrava dire “eh, come potrei non piangere qui ed ora”. E in effetti, quale luogo sarebbe più consono ad una scena del genere del passaggio della sicurezza dopo il check-in in un aeroporto internazionale. Madre e figlio stanno partendo, e l’omone resta indietro: tutto è fermo immobile in lui, tolte le lacrime e la mano che di tanto in tanto sale a mandarle via. Potrebbe mettere radici sul pavimento lucido in attesa del loro ritorno e non mi stupirei, pensavo. Ma mentre li osservavo mi sono resa conto che in realtà, scene come questa noi ce le eravamo tutti felicemente dimenticate da un pezzo. Negli ultimi venti o trent’anni, forse anche di più, viaggiare in aereo da un continente all’altro era diventato qualcosa di poco più impegnativo di un lungo viaggio in auto o in autobus. A parte le sgradevoli procedure di sicurezza del dopo Undici Settembre, quasi chiunque poteva volare andate e ritorni senza troppa fatica e a prezzi non più del tutto proibitivi. Pianti di tristezza o di felicità negli aeroporti avevano perso ormai ogni senso, in un mondo così veloce e sempre in movimento. E invece oggi, a quasi due anni dall’inizio della pandemia, dopo lunghissimi mesi di completo stop su certe tratte, e paesi che ancora centellinano chi e a che condizioni far entrare, è del tutto possibile per una famiglia separarsi senza sapere quando e se si potrà riunire di nuovo. Perciò è stato un sollievo vedere il bimbetto arrabbiato sospendere brevemente l’ira del distacco e correre a salutare il papà subito prima di scomparire alla sua vista una volta passata la porta del controllo di sicurezza. Una specie di happy ending, a guardar bene.

Daniela Fubini