Dietro quelle pettorine a strisce

Ignoranza, insensibilità, faccia tosta, assenza di pudore, assenza di senno, arroganza provocatoria. Tutte caratteristiche precipue dei mentecatti che a Novara hanno inscenato la loro protesta no-green pass semi-travestendosi da deportati. E quale altra tendenza ancora può definirli? Certo vittimismo elevato all’ennesima potenza, radicato complesso di persecuzione. E anche mania del complotto ordito dai “poteri forti” ai danni del povero cittadino disarmato e incolpevole.
Dentro a tutto ciò traspare però anche altro, e si tratta di qualcosa di ancora più preoccupante. Camuffarsi da Häftlinge significa voler assumere le sembianze di chi è perseguitato a morte non solo per rappresentare sopra le righe il proprio (visionario) status di oppressi, ma anche paragonarsi agli ebrei nell’immagine diffusa che ne fa la vittima per eccellenza, l’archetipo della vittima. E forse il parallelo insensato si spinge ancora più in là, sino a voler suggerire che al giorno d’oggi gli unici veri perseguitati non sono più i deportati (come se oggi nel mondo non ci fossero altri perseguitati e altri deportati) ma sono loro stessi, lasciati senza lavoro e senza stipendio solo perché “difendono la libertà” e non si allineano al diktat di uno Stato ormai dittatoriale. Questi ribelli d’accatto mettono in scena la finzione di un nuovo Stato totalitario, ci credono o fingono di crederci, recitano la parte dell’oppositore innocente ingiustamente discriminato, la parte dell’antifascista o appunto dell’ebreo rifiutato perché esiste.
Ma dietro alla voluta perdita della realtà e allo stravolgimento dei ruoli si cela forse proprio l’atteggiamento a cui apparentemente ci si contrappone. Sotto quella blasfema pettorina a strisce si intravede un riduzionismo di fondo (cioè uno dei volti del negazionismo) nei confronti della Shoah, e neppure tanto criptico se chi si copre con essa alludendo al Lager arriva a paragonare la nostra società democratica alla realtà del fascismo e del nazismo, agli stessi campi di concentramento.
Proprio l’appiattimento ottuso, l’incapacità di cogliere le differenze è ciò che più di ogni altra cosa tormenta e angoscia, di fronte a questo episodio e ad altri analoghi degli ultimi mesi; e insieme il mercimonio, lo svilimento, lo sfruttamento in stile barzelletta o pantomima che a fini puramente egoistici viene fatto di una tragedia e di una sofferenza senza pari nella storia. E’ il segno dei tempi pessimi che stiamo vivendo: non tempi di violenza, almeno in Occidente; ma tempi di vuoto, tempi di perdita di senso e di valori.
David Sorani

(9 novembre 2021)