Andrea Pennacchi a Pagine Ebraiche
“Mio padre, Ebensee e i No vax:
ecco perché ho scelto di raccontare”
“Sono stati i silenzi a trasformarmi in un narratore”.
Quelli del padre di Andrea Pennacchi avevano come oggetto la sua deportazione ad Ebensee. Un dramma personale sul quale ha sempre preferito glissare. Un argomento, alla prova dei fatti, tabù.
Volto noto del teatro e della drammaturgia, quella storia il figlio ha scelto ora di raccontarla nel suo ultimo spettacolo: “Mio padre”. Ma anche in un monologo televisivo di grande impatto che ha suscitato una valanga di reazioni in rete e sui social. Uno di quei video che in gergo si definiscono virali. “Quelli che ne avrebbero dovuto parlare hanno taciuto, chi non avrebbe dovuto, invece, l’ha fatto”, la considerazione finale di Pennacchi dopo tre minuti di recitazione toccante dagli studi di Propaganda Live.
“Era il momento giusto per farlo” sottolinea a Pagine Ebraiche, ancora alle prese con l’onda emotiva di questa performance. Nel bene, come nel male visti i tanti bulli da tastiera che l’hanno preso di mira. “Tira una brutta aria, inquinata anche da follie di No Vax e No Green Pass che sembrano averci trasportato in un brutto romanzo di fantascienza. I fatti di Novara mi hanno colpito: quando succedono cose del genere sto male, molto male, in un modo anche fisico. Per questo ho scelto di metterci la faccia, di spiegare cosa hanno significato, per mio padre e di riflesso per la sua famiglia, quei pigiami a righe”.
Negli scorsi giorni spiega di essersi confrontato, via Twitter, con alcuni No Vax che hanno reiterato le ignobili distorsioni su lager e Shoah prodotte in rete e nelle piazze. “Le loro argomentazioni – afferma sconsolato – sono impressionanti: non esiste un dialogo possibile, anche perché si scivola sempre nell’orbita del complotto. Guarda caso, molto spesso a tinte giudaico-massoniche. C’è stato chi ha anche rispolverato il classico antisemita dei Savi di Sion”.
Pennacchi il Covid l’ha avuto e in forma assai grave, finendo anche in rianimazione. “Anche dopo essere uscito dall’ospedale ci ho messo dei mesi a riprendermi. Vedere i No Vax in strada, in quel modo assurdo, mi urta. Ho pensato – incalza – che fosse il caso di dare il mio contributo”.
Una sana Memoria è da sempre nel suo orizzonte personale, così come la vicinanza al mondo ebraico. Per l’attore, che è padovano, ha preso anche la strada di una collaborazione stretta. Suo infatti il volto di Moshe Chaim Luzzatto, il celebre Ramhal, in uno dei percorsi multimediali del Museo della Padova ebraica. “Uno spazio molto bello e istruttivo”, afferma Pennacchi. Il Museo sorge all’interno della sinagoga tedesca data alle fiamme, nel ’43, dai fascisti. “Brutta bestia il fascismo”, conclude l’attore. “Un predatore temibile che soffia sull’incertezza sociale, sempre pronto a tornare a galla. Per questo dico: stiamo attenti”.
(Nell’immagine in alto Andrea Pennacchi durante il suo monologo sul padre deportato ad Ebensee; in basso a destra nei panni di Moshe Chaim Luzzatto, per il percorso multimediale del Museo della Padova Ebraica)
Adam Smulevich
(10 novembre 2021)