L’incontro a Casale Monferrato
Primo Levi, un poliedro di significati

Ci vuole un grande narratore per raccontarne un altro e la figura di Primo Levi che esce dalle parole di Ernesto Ferrero non solo è reale e contemporanea, ma diventa estremamente godibile in tutte le sue accezioni che sono molto più vaste di quanto non si immagini. Tocca a Elio Carmi, il presidente della Comunità ebraica di Casale Monferrato, spiegare il titolo dell’incontro svoltosi ieri in Comunità: Il Poliedro Primo Levi. “Poliedro perché ovviamente aveva tanti interessi che però si univano tra di loro proprio come un oggetto solido, unico ma formato da superfici contigue”. Spetta invece a Roberto Gabei, presidente della Fondazione Arte Storia e Cultura Ebraica a Casale Monferrato e nel Piemonte Orientale – Onlus, il compito di ricordarci che il protagonista di questo incontro è immerso nello stesso flusso letterario di Levi: “Ferrero è stato per una vita direttore del Salone del libro, è presidente della Fondazione Primo Levi, ha scritto la storia dell’Einaudi…”,
“Sono molto grato a Roberto di questo invito che mi ha fatto conoscere questo scrigno di meraviglie che avevo colpevolmente tralasciato” esordisce Ferrero alludendo al complesso ebraico di Casale, poi comincia a dar forma ai suoi ricordi partendo dal 1963, l’anno in cui è stato assunto all’Einaudi come ufficio stampa – “Mi sembrava di essere in paradiso, potevo parlare con Calvino” – e si trovò sul tavolo le bozze de La tregua. “Lessi l’incipit dei soldati russi che osservano Auschwitz, chiunque avrebbe capito che si trattava di un testo di straordinaria qualità. E una sera comparve nel vano della porta quest’uomo che sembrava muoversi a fatica in un ambiente che non era il suo. Già questo me lo rese simpatico”. Tuttavia Levi non era ancora un autore riconosciuto come oggi. “Le star della casa editrice erano altre: Bassani, Cassola…” – ricorda Ferrero, ma La tregua venne selezionato per il premio Campiello e da lì è cominciata la fortuna di Levi e anche il vero successo di Se questo è un uomo (che per Einaudi era uscito solo nella saggistica). Se qualcuno non considerava Levi come uno scrittore, però, era per “colpa” anche dello stesso Levi. “In un eccesso di modestia – rivela Ferrero – si presentava come se scrivesse nel tempo libero dal suo lavoro come chimico in una fabbrica di vernice e che, tutto sommato, con La tregua avesse finito il suo lavoro di testimone. Cosa falsissima, perché già prima di Se questo è un uomo aveva scritto un sacco di racconti di un genere che Calvino chiamò fantabiologico. Ad esempio Carbonio de Il sistema periodico, definito da un giornale inglese ‘il più bel racconto scientifico mai scritto’, era stato già abbozzato al liceo. L’uomo che partì nel vagone blindato per Auschwitz era già uno scrittore, anzi, è stata grazie a questa capacità che ha trovato le parole per descrivere la sua esperienza”. E da qui si cominciano ad esplorare gli altri lati del Poliedro: narratore, poeta saggista, antropologi, sociologo. “L’unico scrittore che gli possiamo avvicinare era Calvino, che aveva anche lui una formazione scientifica”. Fu tra l’altro uno straordinario linguista: “Casale Monferrato compare due volte ne Il sistema periodico, parlando delle imprecazioni di Nonno Leonin, e poi a proposito dello zio Barbaricu che rassegna le dimissioni dopo il primo viaggio come medico di bordo su un transatlantico perché ‘a New York a j’era trop burdel’. A Levi zoologo invece è legato un aneddoto personale di Ferrereo: “Una volta ha portato in dono a nostra figlia una cavia. Era un modo per dire che anche gli animali più umili sono una fonte di conoscenza. Negli anni ’70 scrisse: ‘Per me esiste un amore per la natura in blocco, specie per le povere bestie. Ogni animale è una metafora dei vizi e delle virtù degli uomini!’”. Ferrero ha raccolto in un bellissimo volumetto, Ranocchi sulla luna, tutte le pagine zoologiche dello scrittore, e una studiosa svedese si è presa la briga di contare quanti e quante volte sono menzionati gli animali (vincono i cani con 147 citazioni), ma per Levi persino un marciapiede poteva essere fonte di meraviglia. “Un uomo che sapeva tutto, ma che non lo faceva sapere per non mettere in imbarazzo gli altri”.
Anche per questo sarà sempre molto rimpianto.

a.a.

(15 novembre 2021)