“Israele ed ebrei in Diaspora,
relazione fondamentale”

Quali le prospettive, quali i corretti parametri del rapporto tra Israele e Diaspora? Una domanda tra le più dibattute nel corso dell’e-summit dedicato al futuro dell’Europa ebraica che si è svolto nel fine settimana su iniziativa dello European Council of Jewish Communities (ECJC) e dell’American Joint Distribution Committee (JDC). L’argomento anche di una specifica sessione che ha visto intervenire, tra gli altri, il ministro israeliano della Diaspora Nachman Shai e la presidente UCEI Noemi Di Segni. “Gli ebrei della Diaspora per noi sono tutti uguali: non fa differenza se vivono negli Stati Uniti o in realtà numericamente più piccole. Si tratta, per Israele, di una relazione fondamentale”, ha evidenziato al riguardo il ministro. Una relazione il cui paradigma sembra essere in evoluzione: “Un tempo si guardava a quello che poteva essere il contributo della Diaspora per Israele. Oggi forse vale più il contrario: cosa può fare Israele per la Diaspora?”.
Un confronto stimolante che ha esplorato lo spettro dell’appartenenza ebraica (“La nostra policy, per quanto riguarda ad esempio le preghiere al Kotel, è che pari diritti vadano assicurati ad ebrei sia ortodossi che non ortodossi”, ha detto Shai) così come l’affascinante mosaico identitario israeliano. “Israele – ha ricordato l’illustre ospite – è stato fondato su due pilastri: l’essere uno Stato al tempo stesso ebraico e democratico. È la visione dei Padri fondatori ed è in quel solco che cerchiamo di lavorare ogni giorno”.
Tra i temi posti dalla presidente UCEI l’importanza che si apra un confronto ancora più serrato sul significato di identità ebraica oggi “sia per Israele che per la Diaspora”. Fondamentale anche il lavoro sul versante educativo: “Non sempre, in Diaspora, si ha la sensazione che si conosca davvero a fondo la storia del sionismo in tutte le sue sfumature e complessità. È un fronte – ha affermato Di Segni – sul quale molto si può fare”. La presidente dell’Unione ha auspicato anche un rapporto ancora più stretto anche in materia di lotta all’antisemitismo e ricordato quanto giornate come quella vissuta ieri, con le drammatiche notizie giunte in mattinata da Gerusalemme, siano vissute anche in Diaspora con la stessa intensità di dolore e sofferenza.
Tra gli ospiti dell’ultima giornata del summit anche la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, intervenuta sul metodo di lavoro e sulle principale iniziative assunte dall’inizio della pandemia ad oggi. “Essere leader in un momento così particolare è molto faticoso: serve una piena disponibilità, un impegno h24. Ma è anche molto stimolante”, la sua osservazione nel merito. “In Comunità – ha poi affermato – abbiamo scoperto un nuovo modo, più immediato, di rispondere alle varie sollecitazioni. Tutti, nel mio gruppo di lavoro, si sono dovuti assumere delle responsabilità dirette. È un fatto positivo, che aiuta a crescere”.

(22 novembre 2021)