Un Paese serio

I No vax esistono anche in Israele, ma sono pochi e soprattutto non sono aggregati in schieramenti politici orientati su posizioni anti-vaccinali. Nessuna tendenza anti-governativa su questo tema, nessuna mania di persecuzione, nessuna teoria del complotto mondiale, nessuna campagna contro Big Pharma e contro la tecnologia, nessuna accusa di totalitarismo allo Stato, nessun paragone con le leggi razziste e con Auschwitz, nessun assalto ai sindacati, nessun incitamento alla violenza nei confronti di governanti medici e giornalisti, nessun atteggiamento antiscientifico, nessuno sciopero di protesta contro la certificazione vaccinale si manifesta nel paese. Perché questa assenza di dissenso? Israele è forse una nazione verticistica o semi-dittatoriale che attua un controllo dall’alto sul comportamento della popolazione? È forse una realtà iperdisciplinata e monolitica il cui governo detta abitualmente linee ferree e immodificabili e i cui abitanti si caratterizzano per obbedienza cieca e acritica passività? Come ben sappiamo, Israele è tutto l’ opposto di un regime dominato dall’alto e di una palude immobile e ordinata; è un melting pot infiammabile e contraddittorio di vivacissima, talvolta caotica e ipercritica democrazia.
E allora perché mai e poi mai potremmo immaginarci in Israele situazioni e scene come quelle a cui assistiamo ormai da mesi soprattutto in Italia ma anche altrove in Europa e negli USA?
È difficile scandagliare le sottili motivazioni psicologiche e sociologiche a monte dell’atteggiamento complessivamente maturo che da più di un anno e mezzo gli israeliani mostrano nei confronti della pandemia e delle sue molteplici implicazioni. Solo nei primi mesi del dilagante contagio si sono verificati clamorosi episodi di protesta e rifiuto da parte di gruppi di charedim insofferenti di isolamenti e lockdown forzati. Da allora non si è più sentito parlare di manifestazioni violente; soprattutto, il dissenso politico – assai marcato nel paese – non ha mai cavalcato la tigre del “Corona” alla ricerca di una facile strumentalizzazione destabilizzante.
Possiamo formulare varie ipotesi per dare una spiegazione della maturità israeliana. Una prima causa oggettiva della adeguata risposta popolare è stata la previdenza e l’efficienza della amministrazione statale, che ha saputo procurare per tempo i vaccini per l’ intera popolazione e organizzare con efficacia l’immunizzazione collettiva, cosa che ha rinsaldato la fiducia generale nelle istituzioni e nel sistema paese. D’altra parte, la capacità operativa non è stata un’ esclusiva israeliana; anche in Italia, per esempio, trascorsi i primi tragici mesi la macchina statale ha cominciato a funzionare a dovere, organizzando egregiamente la colossale struttura anti-covid e la vaccinazione di massa (specialmente dopo l’avvento del governo Draghi): paradossalmente, poi, da noi l’ insofferenza e in seguito la vera e propria ribellione di gruppi sempre più consistenti è cresciuta col crescere della funzionalità e quindi della capacità di risposta al pericolo di contagio.
A monte della grande struttura organizzativa, cosa altro ha dunque spinto gli israeliani ad attenersi con saggezza agli inviti a vaccinarsi e, ciò che qui più ci interessa, a non prestarsi alle provocazioni, alle strumentalizzazioni di gruppuscoli eversivi e deliranti?
Forse, di fronte a un pericolo globale come il Coronavirus, riaffiora la stessa tenace unità e lo stesso spirito di resistenza/resilienza col quale essi affrontano quotidianamente la guerra ininterrotta che Israele vive sin dalla sua nascita? Cioè quel senso di partecipazione condivisa (autenticamente collettiva e democratica) col quale entrano a far parte di un esercito di popolo come Tzahal? O forse riemerge negli israeliani di oggi l’antica abitudine ebraica a diffidare degli entusiasmi cospirativi e delle visioni complottiste, fidando di più nella propria avvedutezza e nella secolare esperienza di persecuzione che pesa sulle loro spalle?
Difficile stabilire quale sia la spinta prevalente verso una saggia coesione. È comunque evidente un fatto: davanti alla tragica vicenda Covid, che lo ha visto sempre all’avanguardia nella lotta infine vincente contro il virus, Israele ha dimostrato al mondo di essere un Paese serio e affidabile, un punto di riferimento non solo in una prospettiva sanitaria e programmatica, ma anche in una dimensione etica e sociale.
David Sorani