L’eterno antisemitismo
La Biblioteca Digitale Lombarda, sotto il logo dell’Unione Europea (Fondo Sociale Europeo) e della Regione Lombardia, ospita, fra moltissimi volumi, il Fondo della Scuola di Mistica Fascista dove vi è una messe di libri digitalizzati. Di particolare interesse, “Perché siamo antisemiti”, di Niccolò Giani (ma perché privarsi del libro di Gaetano Pattarozzi “Inghilterra fogna di passatismo”?); a dire il vero, nella Biblioteca Digitale Lombarda vi sono anche dei libri razzisti di soggetti omaggiati (fino alla brusca frenata) con l’intitolazione di importanti premi letterari da parte di intellettuali di grido. Ma non abbiamo paura degli svarioni degli anni Quaranta, semmai ci preoccupano quelli di alcuni testi scolastici odierni. Quelli del fascismo si dicono antisemiti, e la sincerità ci risparmia la fatica del dibattito.
Fra le accuse del predetto Giani vi era quella rivolta agli “uomini della Casa Bianca”, di “lanciare i loro dardi contro gli Stati c.d. fascisti”. Con grande coraggio e perspicacia, il Giani prende le distanze dal Nilus che, in appendice ai Protocolli dei Savi di Sion, fa risalire la congiura ebraica addirittura all’anno 929 a.e.v.; l’autore nulla dice, per contro, della scomparsa del Neanderthal, ma sembra che anche qui faccia salvi gli ebrei. È giusto che vi siano questi libri; ma è forse meno giusto il counterspeech, accomunato ad una riflessione sul reale significato dell’eterno fascismo, di cui disquisiva Umberto Eco? E perché eterno, se non perché alcuni vizi non solo persistono ingigantiti, ma diventano un modo di campare?
Tutto questo, se non è microstoria, gli somiglia parecchio. Nondimeno, sia in quanto rappresentativa, sia in quanto svolge una funzione dialettica fra culture, merita di essere menzionata. Per esempio, George R. Stewart, in Pickett’s Charge, A Microhistory of the Final Attack at Gettysburg, July 3 1863, edito nel 1959, disquisendo su “the story of the story”, ricorda come James Longstreet, a sconfitta avvenuta, avendo deciso di collaborare col governo degli Stati Uniti, sia stato accusato di aver tradito la razza bianca. La quale accusa è stranamente simmetrica a quella rivolta agli occupanti francesi da Friedrich Ebert, Presidente tedesco socialdemocratico negli anni Venti. Vale la pena disquisirne, appena si sia d’accordo con Luis González (Pueblo en vilo. Microhistoria de San José de Gracia, 1968): “Mi piacciono le cose insignificanti, mi allietano i dettagli disprezzati dai grandi spiriti, ho l’abitudine di vedere e compiacermi per ciò che risulta piccolo a coloro che hanno ali e occhi d’aquila. L’essere pedone e miope per natura suppongo sarebbe gradito al professore Finberg. Sono andato a piedi e a cavallo, ho percorso in ogni direzione la terra dove cresce la storia che racconto..”
A proposito di microstoria, chissà che “Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ‘500″, un formidabile e pluritradotto saggio di Carlo Ginzburg del 1976, considerato a giusto titolo una pietra miliare di questa disciplina, non nasconda un secondo (o forse un terzo?) significato che varrebbe la pena scoprire. Non sono del tutto certo, invece, che anche la Biblioteca Digitale Lombarda celi altri tesori che aspettano, soltanto, di essere scoperti.
Emanuele Calò, giurista
(30 novembre 2021)