Ticketless – Cyrano e gli ebrei

“Gli ebrei” di Natalia Ginzburg uscì su La Stampa del 14 febbraio 1972. Pochi articoli sono stati altrettanto contrastivi. La Guerra dei sei giorni aveva già scosso le coscienze, ma quanto accadde a Monaco durante i giochi olimpici agitò ulteriormente le acque. A seguito dell’attacco terroristico nel villaggio degli atleti e del successivo blitz delle forze israeliane e tedesche, l’intervento della Ginzburg e la sua presa di posizione crearono scandalo. L’intera vicenda è ora ricostruita, con dovizia di particolari, da Domenico Scarpa nell’apparato documentario e nel saggio che accompagna la nuova edizione del libro dove l’articolo venne raccolto (N. Ginzburg, “La vita immaginaria”, Einaudi). Scarpa ha il merito di riportare lunghe sequenze di lettere importanti: un piccolo dossier sui riflessi della questione medio-orientale nella cultura italiana che verrà molto utile agli studiosi. In particolare sono riportate le repliche di Arrigo Levi, Cesare Garboli, Ursula Hirschmann, Dacia Maraini, Alberto Moravia e quella, già in parte nota, di Primo Levi. Chi seppe andare al nodo della questione e notò l’impoliticità di quel giudizio paradossale (“Se io fossi Golda Meir…”) furono Garboli e Moravia, il secondo più del primo, per ragioni personali, coinvolto nella questione (rarissimo caso in cui l’autore de “Gli indifferenti” parla della condizione ebraica). Molto intensa e appassionante la reazione di Ursula Hirshmann, la moglie di Altiero Spinelli, composta, equilibrata e al tempo stesso ferma nella difesa del cosmopolitismo (su questa straordinaria figura di ebrea mitteleuropea si segnala il bel libro che le ha dedicato Marcella Filippa, “U. Hirshmann. Come in una giostra”, Aras Edizioni). Moravia, che nel 1956 aveva visitato Israele e aveva lucidamente diagnosticato la situazione guardandola dall’interno e non dall’esterno come fa Ginzburg, manifesta una singolare chiarezza di idee. La reazione di Levi è interessante per ragioni più intime. La Ginzburg aveva fondato la sua analisi su un presupposto. Non le piace, scrive, che tutto quello che riguarda gli ebrei la coinvolga direttamente. “Io lo trovo naturale, e mi sembrerebbe strano e poco umano il contrario”, replica Levi. Di qui scaturisce una riflessione a tratti tagliente, sottile nell’autoanalisi psicologica, ma anche, come scrive Scarpa, “trapunta di ironia”, con quella allusione al monologo del Cyrano de Bergerac di Rostand (Atto I, scena IV). La celebre “tirata del naso”, su cui già mi è capitato di soffermarmi in un mio vecchio podcast per il nostro portale. Le reazioni su Israele sono sempre ambivalenti, come le critiche crudeli al naso di Cyrano. Levi preferisce servirsele da solo, e con verve, piuttosto che ascoltarle dalla voce crudele e spesso interessata degli altri (“Je me sers de moi même avec assez de verve, ma je ne permets pas qu’un autre me le serve”).

Alberto Cavaglion

(1 dicembre 2021)