Oltremare – Nomi
Da qualche settimana a questa parte ci trapassa le orecchie senza pietà ad ogni ora possibile la pubblicità via radio di una compagnia del Gas, in cui, per dire che con il loro gas si può avere l’acqua calda senza limiti e senza mai aspettare, una bambina urla dalla porta alla mamma chiedendo se tutta una serie di amici possono andare a far la doccia da loro. E gli amici, compagni di scuola o di giochi si suppone, si chiamano quasi tutti con il nome e poi la specifica “maschio” o “femmina”. Questo non perché la mamma non darebbe il permesso ai maschietti o alle femminucce, ma perché in Israele pullulano i nomi di persona neutri, e quindi per comodità la bambina – con il pragmatismo assoluto dei bambini – specifica. Può fare la doccia da noi Amit-la-femmina? E Amit-il-maschio?
Mi ricordo ancora la prima volta che mi hanno presentato una Yuval femmina, e ho creduto di aver capito male perché Yuval, da che mondo è mondo, è un nome maschile, e chi vuoi che dia ad una bambina appena nata un nome da maschietto. Ero appena arrivata in Israele e quello che non sapevo era che ero solo all’inizio. Ecco una cosa che in Italia succede poco. Con tutti gli schwa e asterischi e altre diavolerie della tastiera oggi disponibili, quando si va all’anagrafe a mettere il nome ad un bambino si scrive Carlo o Carla a seconda che sia un maschio o una femmina, e si torna a casa contenti. Qui in Israele, in assenza di vocale finale che determina il genere, la cosa è molto meno definita, e quindi capita con crescente frequenza di sentire o leggere il nome di una persona senza vederla di persona e non avere nessun appiglio per sapere se sia uomo o donna, anche perché in Israele non si usano quasi mai i titoli “Sig.”, “Sig.ra”, con tutte le varianti moderne più o meno politically correct. Quindi, se hai un appuntamento con un tale Dott. Tal Levy, l’unica cosa che si può dare per scontato è che ha studiato medicina (qui si è Dottore sono nel senso medico), ma per la felicità dei progressisti amanti delle pari opportunità nelle carriere, Tal può essere egualmente un uomo o una donna. L’importante è che sia un bravo dottore.
Come una mia amica che si chiama Danielle, nome spiccatamente femminile ma che in ebraico si scrive identico a Daniel, che avendo un curriculum molto tecnico sorprendeva sempre gli intervistatori, in tempi precedenti ai social e a LinkedIn, quando entrava ai colloqui di lavoro e i presenti si aspettavano un uomo e le chiedevano chi fosse. Sostiene di essere arrivata a colloqui di lavoro ai quali, in epoca meno politically correct della corrente, una donna non sarebbe nemmeno stata invitata.
Bene che non abbia mai incontrato la bambina della pubblicità, che l’avrebbe tradita con un “Daniel-la-femmina” e rovinato ogni vaghezza data dal nome.
Daniela Fubini